Catanzaro, Crotone, Vibo

Sabato 23 Novembre 2024

L’inferno sotto il cavalcavia, cento immigrati fra i rifiuti

L’inferno sotto il cavalcavia Cento immigrati fra i rifiuti

Chissà, forse stavolta ci siamo. O forse ancora no. L'inverno è alle porte, mentre dallo scorso marzo si continua a parlare di una sistemazione più umana e civile per i migranti accampati sotto il cavalcavia sulla 106 a Nord della città. Sono ancora lì. Intanto, da alcuni giorni c'è una montagna di rifiuti accumulata accanto alla lunga fila di giacigli e rifugi di cartone allineati ai pilastri del ponte, dove trovano riparo la notte un centinaio di immigrati.

Una decina di giorni fa gli stessi migranti accampati hanno cercato di bonificare la zona raccogliendo i rifiuti accumulati in anni lì intorno. Ma nessuno, con mezzi adeguati, provvede a portarli via. Ciò rende inutile il lavoro di quegli extracomunitari che hanno provato a dare una pulita all'area in vista delle piogge durante la stagione invernale. Invece si ritrovano con un problema in più, con quella montagna puzzolente davanti. Possibile che nessuno sia in grado di portare via quei rifiuti, parte dei quali si notano raccolti in grossi sacchi di plastica?

I dannati del cavalcavia sono i più sfortunati, fra i 2.500 migranti che ogni giorno gravano sulla città: 1.200 ospiti del Cara-Hub di Sant'Anna, altrettanti distribuiti nei comuni dell’hinterland interessati da progetti Sprar e Cas, ed il resto “dublinanti” tornati qui a rinnovare i documenti di soggiorno.

A Sant'Anna, negli Sprar e nei Cas i migranti hanno da mangiare e da dormire durante i mesi di attesa per vedere esaminata la loro richiesta di asilo e protezione umanitaria. Ma gli altri, quelli che i documenti li hanno già e tornano a rinnovarli in questura (per effetto del regolamento di Dublino, perciò detti “dublinanti”) non hanno diritto di accesso alle strutture d'accoglienza, perciò devono arrangiarsi da soli: in buona sostanza dormono all'addiaccio e si arrangiano come possono per mangiare qualcosa alla mensa dei poveri “Padre Pio”. Da due anni fra i piloni del cavalcavia sopravvive una comunità di migranti abbandonati a se stessi, fra stenti e disagi. Uomini fra gli uomini, hanno resistito e si apprestano a resistere a un altro inverno rannicchiati fra cartoni e stracci.

Altre volte, in contesti riguardanti un numero minore di stranieri accampati in città nei giardinetti o in vecchi edifici abbandonati, si è ritenuto di risolvere il problema sgomberando i migranti. Nel caso di quelli accampati sotto il cavalcavia sarebbe una resa, una sconfitta molto grave per le istituzioni.

Infatti, è da marzo che Regione e Comune ripetono che sono disponibili e pronti a rendere abitabili due stabili a Crotone - uno confiscato alla mafia e l'altro di proprietà della Regione stessa - da destinare a quei migranti tuttora accampati fra i cartoni. La Regione il 29 agosto scorso confermava l'intenzione di finanziare con 2 milioni di euro la ristrutturazione di uno stabile nei pressi della Stazione ed anche la riqualificazione di un immobile confiscato. Il delegato della Regione per la tutela e la promozione dei diritti umani e leader del Movimento diritti civili Franco Corbelli, il delegato della Regione per l’immigrazione Giovanni Manoccio e l’ex dirigente generale del dipartimento politiche sociali Antonio De Marco spiegavano d'avere recuperato un vecchio finanziamento fermo da anni: «Permetterà di dare una soluzione non solo al drammatico problema dei migranti del cavalcavia ma anche dei poveri di Crotone, perché servirà per ristrutturare un immobile delle Ferrovie della Calabria e un bene confiscato alla mafia».

L'assessore alle Politiche sociali del Comune di Crotone, Alessia Romano, confermava: «Come amministrazione siamo fortemente impegnati nel recupero per finalità sociali di beni sequestrati alla criminalità organizzata, ed inoltre per avere la concreta possibilità di poter ripristinare, attraverso queste somme recuperate, anche strutture da mettere a disposizione non solo dei migranti ma anche per ulteriori finalità sociali relative alla nostra popolazione».

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