I pentiti non soltanto continuano a parlare, ma aumentano anche di numero. La decisione di Nicola Figliuzzi, 27 anni di Gerocarne che da qualche giorno sta collaborando con la giustizia, potrebbe aprire nuovi capitoli sui tanti fatti di sangue che hanno segnato il Vibonese. Un valore aggiunto all’azione di contrasto alle cosche della ’ndrangheta vibonese e non soltanto. Le operazioni portate a termine nel corso dell’anno dalla Dda di Catanzaro, sotto la guida del procuratore Nicola Gratteri, potrebbero infatti rappresentare solo l’inizio di una nuova stagione per la Distrettuale antimafia che ultimamente ha anche registrato un potenziamento di organico.
I collaboratori
I primi (rimanendo nell’attualità) a compiere il “salto” sono stati Loredana Patania e Daniele Bono, seguiti a stretto giro di tempo dai killer macedoni Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi. Dichiarazioni che hanno consentito agli inquirenti di svelare le trame della faida tra i Patania di Stefanaconi e il gruppo dei Piscopisani, caratterizzata da numerosi omicidi e agguati falliti. Nel marzo 2015 è Raffaele Moscato, componente di spicco dei Piscopisani, ad aprire un’ulteriore breccia nella cortina delle dinamiche criminali vibonesi e non soltanto. Una collaborazione quella di Moscato di un certo peso a cui, a distanza di circa un anno (maggio 2016) si è aggiunta quella di Andrea Mantella, ex boss emergente di Vibo, ritenuto un collaboratore di alto profilo le cui dichiarazioni – come quelle di Moscato – sono state ritenute più che attendibili. I due sono stati sentiti sia dal sostituto procuratore Camillo Falvo, sia dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri. Recentissimo è invece il “salto” di Nicola Figliuzzi, raggiunto nei giorni scorsi in carcere da una nuova ordinanza di misura cautelare per l’omicidio di Giuseppe Canale (avvenuto a Gallico nel 2011).
Lo scompiglio
Finora delle dichiarazioni di Mantella e di Moscato si conosce soltanto una parte e, in un certo qual modo, “limitate” sono state le loro testimonianze nei processi in corso o già conclusi. Pagine e pagine di omissis caratterizzano buona parte dei loro verbali segno che quanto sino ad oggi emerso rappresenta soltanto la punta dell’iceberg criminale calabrese. Sarebbero numerosi, infatti, i verbali tenuti top-secret e probabilmente sono quelli più temuti dalla ’ndrangheta ma non solo, perché le dichiarazioni dei due collaboratori già da tempo stanno facendo tremare i polsi anche a imprenditori e “colletti bianchi” che negli anni avrebbero coperto e agevolato le attività delle cosche sul territorio. E qualche accenno delle dimensioni del raggio d’azione che le indagini della Dda potrebbero avere è emerso toccando il settore degli appalti pubblici e della politica oltre che a quello prettamente legato ai fatti di sangue compiuti in altre località della regione.
Le trame
Mazzette per opere pubbliche – un diktat a cui non sarebbe sfuggita neppure la realizzazione del nuovo tribunale – villette come contropartita per omicidi, voti delle cosche in cambio di soldi e lavoro alcuni degli aspetti, sebbene solo in parte emersi, che avrebbero aperto nuovi scenari investigativi mettendo a fuoco anche le ingerenze e le influenze dei clan sul territorio vibonese. A ciò si aggiunga il fatto che in particolare Mantella è stato in grado di consegnare agli inquirenti un quadro piuttosto nitido sugli ultimi trent’anni dell’organizzazione criminale esistente nel Vibonese e nella città capoluogo, dei suoi affari e dei suoi rapporti con altre cosche calabresi. Spunti ritenuti piuttosto interessanti che lasciano prevedere ulteriori e più clamorosi sviluppi.
Faida nelle Preserre
Per un certo periodo allo scontro armato tra i Patania di Stefanaconi e i Piscopisani si è intersecato con quello nelle Preserre. Una storia quest’ultima, contrassegnata da sei delitti e da sette tentati omicidi, su cui il recente collaboratore di giustizia Nicola Figliuzzi potrebbe forse contribuire ad aprire un nuovo capitolo. Il giovane, infatti, potrebbe essere a conoscenza delle complesse dinamiche criminali della zona in cui ha vissuto ma soprattutto potrebbe aiutare gli inquirenti a meglio delineare i contesti e i protagonisti dei fatti di sangue che si sono succeduti e che sarebbero tutti riconducibili all’annosa guerra di mafia tra gli Emanuele e i Loielo. L’ultimo dei quali risalente a poco più di un mese fa con lo scoppio della bomba sotto l’autovettura di Nicola Ciconte, ferito ma salvo per un pelo.