“Saragat” era tornato a casa per ragioni di salute nel 2014, lasciandosi alle spalle il carcere ed una condanna pesante passata in giudicato. Tornato tra la sua gente, aveva però subito capito che tante cose erano cambiate: nessuno veniva a domandargli consiglio, la casa era vuota, i saluti dei vecchi “compari” cordialmente freddi. Lui non era più lui. Nel senso che il posto e il bastone di comando non gli venivano più riconosciuti. Qualcuno aveva deciso che dovesse passare la mano. I cirotani l’avevano mandato per sempre in “pensione”. Non avrebbe più avuto l’ultima parola su nulla, né sarebbe stato più invitato alle “riunioni” che contano. Dopo lustri di omertà e malandrineria, l’avevano “licenziato” come l’ultimo degli infami. Lui che aveva patito catene e galera, schivando pallottole e lame. Per comunicargli che ormai non era più “niente” gli avevano mandato in ospedale il nipote del superboss Cataldo Marincola. Era troppo per “Saragat”. È per questo che ha deciso di parlare con i carabinieri e con i magistrati. Al procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Luberto e al pm antimafia Domenico Guarascio ha svelato i segreti dell’area compresa tra Cariati, Corigliano, Rossano, Cirò e Strongoli. Dei luoghi nei quali un tempo “contava” come gli antichi re contavano nei loro regni.