Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Eman e il viaggio senza fine di "Icaro"

Erman e il viaggio senza fine di "Icaro"

Dal 30 marzo è in rotazione radiofonica e disponibile per piattaforme streaming e digital download “Icaro”, nuovo singolo del cantautore catanzarese Emanuele Aceto (classe 1983) in arte Eman, edito da Jackie & Juliet e Artist First. Rilettura electro-rock del celebre mito greco, il brano anticipa l’uscita del prossimo album che l’artista presenterà in anteprima il 20 aprile al Largo Venue di Roma e il 27 al Santeria Social Club di Milano, in attesa della pubblicazione ufficiale, prevista per settembre. Abbiamo raggiunto Eman per conoscere meglio la sua musica.

E’ una scelta impegnativa quella di mettere in musica la storia di un personaggio così iconico…

“Il mito di Icaro è solo uno spunto, un punto di partenza. Mi piaceva la storia di questo giovane che voleva andare contro la volontà paterna e superare il limite. Il testo ne è quindi  una rivisitazione, perché con la caduta non finisce il viaggio, ma prende vita la parte più interessante di questo. Il vero cammino inizia proprio da questo punto. Nel pezzo il mio Icaro non muore, ma ricomincia e continua a percorrere la sua strada. Il brano contiene un messaggio di consapevolezza e di sana ambizione, perché bisogna credere in se stessi e trovare anche nella caduta qualcosa di positivo per rialzarsi. Il senso della canzone è che alla fine, qualsiasi cosa avverrà, sarà la tua scelta di vita a determinare ciò che sei”.

“Icaro” presenta sonorità elettroniche che sembrano richiamare molta musica internazionale. Hai avuto un’ispirazione particolare?

“Credo che queste sonorità siano frutto di quanto ho ascoltato negli anni, che ha portato ad un’evoluzione del suono e a questo pezzo. Secondo me è possibile fare in Italia un genere di musica come quella internazionale e farla nostra. L’ispirazione può venire da altri paesi, ma anche in casa, dove si possono realizzano progetti artistici interessanti. Infatti la il mio produttore, SKG (Mattia Masciari), è italiano. Direi come battuta “i suoi lavori sono più ascoltati all’estero che nel nostro Paese” e quindi la strada percorsa con lui credo sia quella giusta. Partendo da “Amen” siamo arrivati alle sonorità  di “Icaro” e il nuovo disco sarà così variegato: tanta elettronica unita al cantautorato più puro; quindi un genere consolidato che incontra suoni moderni”.

A questo proposito, cosa puoi anticiparci del nuovo album?

“Il disco uscirà probabilmente a settembre, anticipato da un altro nuovo singolo. Sarà un concept album: la storia di un uomo che racconta la propria vita, ispirata alla mia e a quelle di persone incontrate negli ultimi due anni. L’esperienza di partire dal Sud e cambiare città due volte, prima Roma e poi Milano, per me è stata  importante, perché affrontare la metropoli in età adulta offre una visione diversa delle cose. Ho ascoltato tante storie che mi hanno colpito e dalle quali è venuto fuori  un viaggio molto intimo. Il titolo sarà un gioco che non sveleremo adesso, una sorta di “non titolo””.

Negli anni hai spaziato in vari generi, dal reggae al dark fino al cantautorato. Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?

“I miei ascolti spaziano tra vari artisti perché sono onnivoro. Potrei citare De Gregori, De Andrè e Rino Gaetano, cantautore della mia terra attualissimo e sempre nuovo, così come Afterhours e Litfiba. Di estero amo molto Massive Attack, AC/DC e Led Zeppelin. Pur avendo una certa predilezione per il rock non ho un genere preferito”.

Parliamo dei tuoi esordi. Hai debuttato sulla scena reggae e dancehall della tua città…

“E’ iniziato tutto lì. A Catanzaro andava molto il reggae e venne quasi spontaneo fare con gli amici questa musica, la cui particolarità è la parlata in rima che rende questo genere il padre dell’hip-hop. Era una scena piena di artisti e producer che, particolare non scontato, richiamava tantissimo la produzione locale. Poter parlare al pubblico con lo slang e il dialetto è stata un’arma per sconfiggere la classica attitudine del “nemo propheta in patria”: la città mi ha spinto e sostenuto allora e continua a farlo anche adesso. Devo quindi tanto alla mia Terra e a tutte le persone che hanno creduto in me, non solo come fenomeno del reggae di Catanzaro, ma anche come artista capace di dare qualcosa con la propria musica. Inoltre,  la città ha influito profondamente nella mia arte, perché abitando in un posto col sole e il mare viene più facile cimentarsi in questo genere che non nel dark metal”.

Come accade spesso con le arti, la musica ti ha dato un grande aiuto in momenti difficili…

“Da piccolo ero balbuziente e avevo alcuni grossi limiti, che superavo con la scrittura e il canto. Usando la voce per cantare mi accorgevo di non avere inciampi parlando. Potremmo quindi dire che la musica mi ha salvato da tanti punti di vista”.

Tag:

Oggi in edicola

Prima pagina

Caricamento commenti

Commenta la notizia