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Fermi nelle Preserre Vibonesi per il tentato omicidio dei fratelli Nesci

La Polizia di Stato e in particolare gli uomini della Squadra Mobile di Vibo Valentia e del Commissariato di Serra San Bruno, con il supporto del Servizio Centrale Operativo di Roma e del Reparto Prevenzione Crimine di Vibo Valentia, nella decorsa nottata, hanno eseguito un decreto di fermo, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nei confronti di 7 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi - provento di furto o comunque alterate per aumentarne la potenzialità offensiva (cd a canne mozze) - oltre che di ricettazione: reati tutti aggravati dal metodo mafioso.

Le indagini dell'operazione, denominata "black windows", dirette dai sostituti procuratori della Dda Annamaria Frustaci e Filomena Aliberti coordinate dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e dal procuratore capo Nicola Gratteri, sono scaturite dal tentato omicidio nel luglio dello scorso anno, di Giovanni Nesci e del fratellino  affetto da Sindrome di Down e  hanno fatto luce su uno spaccato della attuali dinamiche criminali dell’entroterra vibonese, segnati  da decenni dalla faida, costata diverse decine di morti, tra i Loielo e gli Emanuele-Maiolo  per il controllo del territorio delle Preserre.
Le investigazioni hanno portato alla luce  i complessi equilibri che il 28 luglio 2017 portarono all'agguato di stampo mafioso ai fratelli Nesci, rimasti entrambi  gravemente feriti, dipingendo un quadro a tinte fosche fatto di trame ordite - senza soluzione di continuità - dagli Inzillo, vicini  agli Emanuele, per l'eliminazione della controparte, espressione invece della famiglia Loielo.
In questo contesto - che ha visto il comprensorio di Sorianello e Gerocarne teatro del violento scontro - che si inserirebbero  il rinvenimento di diverso munizionamento (pronto all’uso) occultato negli anfratti delle vecchie abitazioni di Sorianello, così come il sequestro di armi, cartucciere, passamontagna ed un veicolocustoditi dagli indagati all’interno di alcuni stabili disabitati di Gerocarne in funzione di una prossima azione omicidiaria da consumarsi in danno dei Nesci.

Sullo sfondo del progetto criminale che ha accomunato i propositi degli indagati ha trovato, poi, sfogo l’operato delle “donne” della famiglia Inzillo: operato che si sarebbe  contraddistinto per l’inusitata violenza delle affermazioni, per la determinazione evidenziata nei propositi omicidiari, per il costante incentivo all’azione assicurato in favore dei “maschi buoni” della famiglia (ossia gli uomini capaci di commettere le azioni delittuose) nonché per l’apporto che in prima persona le stesse avrebbero  garantito nella custodia delle armi, non esitando a coinvolgere anche l’anziana madre, che sarebbe stata indotta dalle figlie ad occultare una pistola nella propria biancheria intima, al fine di fugare eventuali controlli ad opera delle forze dell’ordine.
Il provvedimento di fermo ha interessato alcuni degli indagati, lo scorso dicembre raggiunti da un avviso di garanzia per il tentato omicidio dei fratelli Nesci e due donne, tutti di Sorianello. Si tratta di Vincenzo Cocciolo, Domenico Inzillo, Michele Nardo, Antonio Farina, Giuseppe Muller, Viola Inzillo e Rosa Inzillo.

L’insieme dei fattori interni ed esterni che hanno gravato il contesto investigativo ha pertanto ingenerato un clima di costante emergenzialità, fronteggiata grazie ad una massiccia opera di controllo del territorio ed all’elevata oculatezza e professionalità dimostrata nell’acquisizione delle fonti di prova in costante sinergia e sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Maggiori dettagli verranno forniti nel corso della conferenza stampa in programma alle 11 alla Questura di Vibo Valentia alla presenza del procuratore capo Nicola Gratteri.

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