Attentato in pieno giorno alla periferia di Limbadi. Prima una bomba piazzata sotto la un’autovettura Ford Fiesta, poi l’esplosione improvvisa. Una scena da guerriglia. Muore sul colpo Matteo Vinci, 44 anni, informatore scientifico, rimasto incastrato al posto di guida, mentre il padre Francesco, 75 anni, viene ricoverato all’ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia con gravi ustioni e poi trasferito a Palermo. Un attentato gravissimo e dalle modalità mafiose. Non a caso il prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo, che ha seguito la vicenda sin dal suo verificarsi, ha già convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza. Tutto è accaduto ieri nel primo pomeriggio in contrada “Cervulara” lungo una strada interpoderale che da Limbadi porta verso le frazioni di San Nicola de Legistis e Motta Filocastro. Intorno alle ore 15 un forte boato fa tremare le case del centro abitato, mentre l’eco investe tutta la vallata.
Il luogo dell’esplosione viene subito individuato dalle persone che si trovano a lavorare nelle vicinanze. Viene notata un macchina in fiamme, qualche volontario accorre con gli estintori. Tutto inutile. Lo spettacolo che si offre agli occhi dei soccorritori è spaventoso. Scatta subito la richiesta di soccorso. E i soccorsi arrivano tempestivamente. Per il giovane, però, non c’è nulla da fare. Il padre, invece, viene caricato a bordo di un’ambulanza del 118 e trasportato a tutta velocità verso il nosocomio vibonese. Sul posto arrivano i Carabinieri della locale caserma comandata dal maresciallo Ezio Giarrizzo. A loro si affiancano subito dopo i colleghi della Compagnia di Tropea coordinati dal maggiore Dario Solito. Arriva anche una squadra dei vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia. Man mano che il tempo passa, l’episodio si veste di crescente gravità.
Comincia ad aleggiare sempre più forte l’ombra della criminalità. Le prime notizie parlano di un macchina bruciata, poi la realtà si fa più dura. E più dolorosa. In località “Cervulara” arrivano le massime espressioni delle forze dell’ordine. Oltre agli artificieri del Gruppo antisabotaggio e agli uomini della Scientifica, si portano in zona anche il questore Filippo Bonfiglio, il Gruppo cinofilo con i cani molecolari, i Cacciatori del Gruppo operativo Carabinieri, nonché i sostituti procuratori Caruso e Lo Toro. A loro si aggiunge anche il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Mancuso. I Cacciatori si sparpagliano nelle campagne circostanti, ispezionano qualche casolare, rinvengono pezzi della Fiesta scagliati a distanza dalla violenza dell’esplosione.
Col passare del tempo, si riesce a comporre un quadro approssimativo dell’accaduto. Matteo Vinci, dopo qualche ora trascorsa in campagna, si mettono in macchina e, dopo essersi immessi sulla strada interpoderale, si dirigono verso casa. Percorrono un centinaio di metri, poi la macchina esplode e prende fuoco. Francesco Vinci riesce ad a scendere dal veicolo con gli abiti in fiamme, si rotola sull’erba per spegnerle. Poi, coraggiosamente, torna verso la vettura per cercare di estrarre il figlio dalle lamiere mentre il fuoco divampa. Nonostante gli sforzi, non riesce ad aprire la portiera. Le forze, probabilmente, lo abbandonano, la tragedia si consuma. Matteo finisce il suo passaggio terreno all’interno della Fiesta, il padre, ustionato in ogni parte del corpo, viene ricoverato all’ospedale “Jazzolino” e nella serata a Palermo. Ora spetterà agli investigatori provare a far luce sull’atto criminoso. Le ipotesi sono tante. Evidentemente, mentre Matteo e suo padre erano intenti a lavorare nei campi qualcuno ha provveduto a piazzare l’ordigno sotto la macchina. Sarà compito degli artificieri stabilire se è stato azionato un congegno a distanza oppure a tempo. Ieri sera i carabinieri, nell’ambito delle prime indagini sull’accaduto, hanno arrestato Domenico Di Grillo, 71 anni, di Limbadi perché trovato in possesso di armi.
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