Il tratto autostradale a cavallo tra le province di Vibo Valentia e Reggio Calabria attraversa una zona ad alto rischio idrogeologico (R4)? No problem, perché sebbene i piloni di ben quattro viadotti – tra Mileto e Rosarno – galleggino nel nulla o meglio affondino nel fiume Mesima e quindi siano a rischio scalzamento, l’autostrada in quel tratto si può percorrere. E la si batte in un lungo e in largo da oltre due anni, nonostante i cartelli che ne indicano il sequestro continuino a campeggiare.
Insomma nel maggio del 2016, era A3 Salerno-Reggio Calabria, e i sigilli scattavano sui quattro viadotti, nonché sulla strada provinciale 58 che da Dasà va verso Laureana di Borrello, nell’ambito dell’operazione “Strada facendo” condotta dalla Procura e dalla Guardia di finanza di Vibo Valentia. Nel dicembre dello stesso anno l’A3 diventava A2 Mediterranea e i sequestri (poi convalidati dal gip) rimanevano. La situazione restava invariata quando, nell’aprile del 2017, scattava l’operazione “Chaos” prosecuzione naturale di quella dell’anno precedente. Poi lo scorso gennaio 26 richieste di rinvio a giudizio, ma su quegli otto chilometri tra Mileto e Rosarno nulla cambiava. Oggi quei viadotti sono ancora sequestrati, ma non interdetti alla circolazione perché – sottolineava l’Anas nell’aprile 2016 «non sussiste allo stato alcun pericolo intrinseco di cedimento, crollo, caduta o instabilità».
Nel 2014 però era stato l’ing. Salvatore Siviglia (segretario generale dell’Autorità di bacino regionale) a lanciare l’allarme sul fatto che «il percorso del fiume (Mesima ndr) oggi pericolosamente incidente sulle pile (piloni) in alveo, si è modificato nel periodo di attività dell’Ati (Cavalleri-Codex)». Al contempo l’ing. Siviglia in una nota all’Anas evidenziava: «Questa Autorità non ha mai espresso alcun parere per i lavori di ammodernamento del Tronco 3-Tratto II Lotto III dal km 369+800 al km 378+500 dell’A3 tra gli svincoli di Mileto e Rosarno. Rappresento, per quanto a mia conoscenza, che relativamente agli adempimenti previsti, l’Anas non ha presentato alcun programma di messa in sicurezza».
Carteggio poi finito al vaglio della Procura e delle Fiamme Gialle di Vibo Valentia che, sempre nel 2016, a distanza di due anni dalla denuncia di Siviglia e a cinque dal collaudo statico provvisorio (2011) delle opere insistenti lungo gli otto chilometri su cui sono stati realizzati i quattro viadotti, arrivavano a considerazioni diverse da quelle messe nero su bianco nel certificato di collaudo ritenendo che le opere previste e realizzate non fossero idonee a garantire la sicurezza dei luoghi, già raggiunti dalle acque del fiume Mesima, delle attività prospicenti e delle persone – in transito sia sulla provinciale 58, sia sull’A3 (oggi A2) – «nel senso che il pericolo di esondazione del Mesima è reale».
Due anni fa, inoltre, dalle indagini emergeva «che tecnici e funzionari responsabili della progettazione» avrebbero «omesso di sottoporre il progetto relativo alla realizzazione dei viadotti sul fiume Mesima – essendo gli elaborati progettuali risalenti al 1999 – al parere dell’Autorità di bacino della Calabria (Abr), in considerazione dell’interferenza del nuovo tracciato autostradale, dichiarando di fatto valido e cantierabile il progetto esecutivo dei lavori, nonostante i dati in possesso documentassero l’esistenza, sulla zona interessata, del massimo grado di rischio idrogeologico».
Inchiesta che si concludeva allora con ventuno indagati per disastro doloso, truffa aggravata ai danni di ente pubblico, frode in pubbliche forniture, sub-appalto non autorizzato, falso materiale e ideologico e abuso d’ufficio.
L’anno successivo e dopo la “proclamazione” della vecchia A3 in A2 del Mediterraneo, passata senza colpo ferire sui quattro viadotti sequestrati, arrivava l’operazione “Chaos” che metteva in luce altre irregolarità nell’esecuzione delle opere di ammodernamento andate avanti secondo le regole del risparmio. All’epoca scattavano anche nove arresti (quattro in carcere e cinque ai domiciliari). E proprio sulle difformità rilevate la Procura di Vibo Valentia intendeva vederci chiaro. In altre parole per escludere pericoli occorrevano «approfondite indagini anche in considerazione delle condizioni dei piloni di tre dei quattro viadotti realizzati che non hanno alcuna protezione “poggiando” nelle acque del fiume Mesima il cui tragitto interferisce con il tracciato autostradale e la cui rilevante portata può (come già avvenuto) scalzare i piloni».
Un rischio di fatto non previsto nel progetto del ‘99 nè in quello del 2008, senza considerare che le opere di difesa previste nello studio del ‘99 non potevano essere eseguite a causa dello spostamento dell’alveo del Mesima di circa 15 metri.
Lo scorso gennaio il pm chiedeva 26 rinvii a giudizio. L’udienza preliminare fissata a maggio si è anche aperta, ma a causa di alcune omesse notifiche è slittata al prossimo ottobre. Intanto sull’A2 – nel tratto interessato – si continua regolarmente a transitare anche se quei cartelloni che indicano il sequestro giudiziario dei viadotti non passano inosservati creando apprensione tra gli automobilisti, soprattutto dopo quanto accaduto a Genova.
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