Il Catanzaro gioca con la “mimetica”, il Cosenza a carte scoperte: ecco spiegato il 2-0 del derby al “Ceravolo”. Ma il pubblico rossoblù...
Si può “morire” (calcisticamente, sia chiaro) di coerenza? La risposta è sì. E si può sopravvivere (sempre calcisticamente) snaturandosi e adattandosi? La risposta è sì, anche in questo caso. La prima strada l'ha scelta Fabio Caserta, allenatore del Cosenza che, anche nella partita delle partite - il derby “del Ceravolo”, che in B mancava da 33 anni - non viene meno al proprio credo offensivo. Una scelta coraggiosa (ma non sorprendente, per chi conosce il tecnico calabrese) che non ha pagato. Dall'altra parte Vivarini, che per la prima volta in stagione ha scelto di lasciare il pallino alla squadra avversaria, con la speranza (probabilmente con la certezza) che qualche spazio gli audaci rossoblù glielo avrebbero concesso. Detto, fatto: è bastata un'incursione un po' più spinta del Cosenza sulla corsia mancina, con D'Orazio che si è trovato all'altezza dei trequartisti, per dare l'“assist” ideale ai padroni di casa. Katseris ha accesso il turbo, si è infilato nel buco lasciato libero, con Praszelik che ci ha anche provato ad riacciuffare l'agile esterno giallorosso, ma la differenza di passo ha fatto la differenza. Poi, l'imbucata per Iemmello che ha depositato la palla in gol a porta praticamente vuota. Certo, c'erano 80 minuti davanti per recuperarla, ma come ogni buon giocatore di scacchi sa, in una gara equilibrata il primo che fa il passo falso si scava la fossa. E forte del vantaggio di 1-0, il Catanzaro ha potuto giocare con meno ansie e la consapevolezza che la partita l'avrebbero dovuta fare gli avversari, sbilanciandosi ulteriormente. Un calo d'attenzione rossoblù a inizio ripresa ha fatto il resto, con Biasci che ha completato l'opera. La partita è praticamente finita dopo il 2-0, nonostante il Cosenza abbia provato a raddrizzarla. Ma senza fortuna (altro elemento che non guasta mai in partite del genere, ma che pure stavolta ha voltato le spalle al Cosenza e a Tutino, “autore” del sesto palo in stagione).
La risposta dei tifosi rossoblù
Affranta ma mai doma. E orgogliosa. La tifoseria del Cosenza ha scelto da che parte stare incitando fino alla fine - e anche al termine del derby - Tutino e compagni. Ha scelto da che parte stare nel senso che ha apprezzato lo sforzo e il tentativo di giocarsela la partita. Negli ultimi cinque anni, infatti, le trasferte del Cosenza, salvo rare eccezioni, erano state giocate all'insegna della ricerca di un punticino. Con l'avvento di Caserta, il rischio non c'è più. A Palermo è andata bene, a Catanzaro è andata male, ma l'identità della squadra cosentina è chiarissima. Poi, ci sta, nel calcio vince chi sbaglia di meno e quando si è propositivi sempre e comunque è più facile incappare nell'errore. Ma chi ieri (e l'altro ieri) si lamentava di un Cosenza dimesso e senza brio, oggi non può certo dire peste e corna della squadra di Caserta che cerca di imporsi dal primo all'ultimo. Ecco perché ieri il pubblico rossoblù ha applaudito nonostante avesse in cuore uno squarcio.
La ricerca dell'equilibrio
Semmai il compito di Caserta e dei suoi dovrà essere quello di trovare un po' più di equilibrio nel corso dei 90'. Attaccare, certo, ma non in tutti i momenti della gara: saper “leggere” i momenti è la nuova missione dei rossoblù. Un pizzico di sano cinismo, quando necessario, non guasta affatto. Il Catanzaro, in questo modo, mettendo da parte la propria essenza e indossando la mimetica, ci ha vinto un derby. La coerenza è un pregio, ma una variazione sul tema, ogni tanto, non guasta.