Da battere ci sono una corazzata e la tradizione negativa, visto che il Catanzaro non piega la Cremonese dal 27 novembre 1983. Poco meno di 41 anni fa il gol decisivo lo segna a quattro minuti dalla fine un giovane difensore messinese (che all’epoca deve ancora spegnere 23 candeline) arrivato in prestito dal Napoli. Quel difensore, che in campo sa fare tutto ed è incisivo pure nelle aree avversarie, è Raimondo Marino: «Della stagione a Catanzaro ricordo, più delle cinque reti segnate fra cui quella alla Cremonese, le tante fallite. Avrei potuto farne 12 o 13, ma per un motivo o per l’altro non ci riuscii, anche per i fallacci degli avversari, presi tante di quelle gomitate che non hai idea». L’annata finisce male per le Aquile, è la prima in B dopo cinque stagioni in Serie A, sulla panchina inizia Corso, ma dopo cinque sconfitte nelle prime nove gare l’esonero è inevitabile e viene chiamato Renna, l’uomo che ottiene il successo con la Cremonese, ma che comunque non risolleva la squadra: «Tanti miei colleghi non hanno dato quello che potevano per via degli infortuni, soprattutto i giocatori più esperti - spiega Marino -, Braglia era stato operato, altri avevano problemi fisici in serie e questo ci penalizzò molto». Finisce con un mesto ritorno in C dopo ben 25 anni ai due piani più alti del calcio italiano, mentre Marino - che nelle Aquile fa un figurone - torna a Napoli, gioca due anni insieme a un certo Maradona, poi passa tre stagioni alla Lazio prima di chiudere fra Lecce, Messina e L’Aquila. «Per me, nonostante i risultati della squadra, quella di Catanzaro fu comunque una stagione molto bella, lì trovai gente che mi volle bene fin dall’inizio. Ogni lunedì mattina andavo a mangiare il morzello in una trattoria vicino allo stadio, dove vivevo, con amici e tifosi, era un appuntamento fisso. Del resto, ho ancora degli amici in città». È chiaro per chi faccia il tifo Raimondo questa sera: «Naturalmente per il Catanzaro, squadra che ho seguito spesso. Tra l’altro ho saputo che progettano la realizzazione di un centro sportivo importantissimo anche per il vivaio, il Sud ha bisogno di strutture del genere e di club che individuino le persone giuste per far crescere i giovani», dice ancora il sessantatreenne, che da tanto tempo vive in Salento e si occupa di calcio giovanile con la sua Marino Academy e la Grecìa calcio Cursi, ultime tappe di una lunga esperienza da allenatore fra prime squadre (Taranto, Ternana, Gubbio) e vivai (Taranto Berretti, Lecce Allievi e Primavera, Napoli Primavera). «Il Catanzaro è una buona squadra che ha avuto pure sfortuna in questo campionato. Per salire in A servono calciatori che facciano le giocate e sono convinto che Vivarini e i suoi possano farcela. La Cremonese è favorita, ha due risultati su tre, però questo può essere un problema, secondo me chi ha meno tensione vince: l’ha dimostrato l’Atalanta in finale di Europa League contro il Bayer Leverkusen, che era imbattuto. Chi va in campo più tranquillo ha una marcia in più». Marino è uno di quelli cui il calcio di Vivarini ha rubato l’occhio: «Ciò che brilla nel Catanzaro è il collettivo guidato da un grande allenatore, persona perbene che ne capisce e non fa differenze fra casa e trasferta. Quando giocai nel Catanzaro ricoprii più ruoli - centrocampista, mediano, libero, marcatore - adesso sarei centrale di una difesa a tre. Per me il Catanzaro a Cremona attaccherà subito per non dare il tempo di pensare e giocare agli avversari. Stroppa è un bravo allenatore che pure sa far esprimere bene le sue formazioni, ma io mi auguro, e ne sono convintissimo, che il Catanzaro possano vincere e andare in finale».