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Catanzaro, cantiere aperto e tanto lavoro. La difesa a tre contro la Juve Next Gen non ha superato l’esame

Caserta insiste: vuole una squadra camaleontica, pronta anche a cambiare modulo

La linea difensiva a tre sperimentata contro la Juventus Next Gen non ha superato l’esame e ripropone una certezza: il Catanzaro è ancora un cantiere aperto. Che è partito in ritardo ed è lontano dall’essere completo, non solo sul piano numerico. Il club sapeva anche prima di dover inserire altri cinque elementi, ma pure sul piano tattico c’è evidentemente tanto altro da fare.
Soprattutto l’aspetto del gioco, nelle sue due fasi, non si può improvvisare dalla sera alla mattina, anche se dopo tre settimane di lavoro e il campionato che incombe era normale aspettarsi qualcosa in più. Certo, dopo quasi tre anni con una gestione tecnica, tempo e pazienza nei confronti di un nuovo allenatore sono doverose: è difficile riuscire a incidere in fretta in un gruppo nel quale sono tante le new entry, mentre i veterani sono naturalmente ancorati a vecchie consegne.
Chissà che la gara di Coppa Italia in programma sabato sera a Empoli, aumentando le motivazioni e le attenzioni di tutti, non mostri un Catanzaro dal volto diverso rispetto a quello, del tutto insufficiente, contro la formazione B della Juve.
Una parte della tifoseria si è allarmata per il pesante 5-2 subìto, un’altra ha derubricato il test a semplice calcio d’agosto ricordando (tutto questo sui social già sabato sera) il 3-0 incassato dal Gubbio una settimana prima di demolire a suon di record e bel calcio il campionato di Serie C. Ma si tratta di tempi, avversari e situazioni quasi del tutto differenti, quindi poco paragonabili, considerando le novità dell’attuale panorama giallorosso.
Nelle amichevoli precedenti Fabio Caserta aveva sempre schierato il Catanzaro con il 4-2-3-1, stavolta ha radicalmente modificato l’assetto puntando su un 3-4-2-1 chiaramente sperimentale: Volpe, un’ala, è stato piazzato sull’esterno destro di centrocampo mentre Turicchia, all’esordio, su quella opposta e in posizione più avanzata rispetto al solito.
Durante la presentazione al “Ceravolo” di un mese fa, Caserta aveva detto di volere una squadra capace di mutare forma e moduli, la prova del sabato sera dovrebbe avere per il momento congelato la difesa a tre, per cui va comunque sottolineato come la cerniera difensiva e quella centrale in mediana, soprattutto nel primo tempo, fosse composta solo da gente che c’era già l’anno scorso, quindi non aveva bisogno di trovare inedite sintonie.
Forse ha contato l’approccio blando, forse si sono rivelati troppo pesanti i carichi di lavoro degli ultimi giorni, forse hanno inciso i movimenti nuovi ancora da registrare, fatto sta che il passivo poteva essere peggiore se Dini non avesse compiuto almeno un paio di belle parate e la traversa non avesse evitato la sesta rete della Juve.
Come ha evidenziato il tecnico dopo l’incontro, è vero che una scoppola del genere è meglio prenderla ora, in un test senza alcun significato, a patto che si riveli davvero una lezione per l’allenatore, i calciatori e la stessa società che - probabilmente - deve muoversi con un po’ più di fretta sul mercato per reperire i cinque rinforzi che mancano all’organico. La base c’è (Pigliacelli, Antonini, Petriccione e Iemmello), ma servono anche altri attori non protagonisti, non solo per questioni di numeri.

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