Lo scatto è rinviato, ma nemmeno questo pareggio è da buttare via. Non è - non sarà più - il Catanzaro spettacolare degli anni precedenti, la politica dei piccoli passi non farà proseliti, però è una pratica condivisa dalla maggioranza delle squadre di B, quindi se proprio non si riesce a svoltare, tanto vale mettersi in tasca il minimo sindacale. Nonostante i paradossi di cui stanno vivendo i giallorossi da inizio stagione (due vittorie, due sconfitte, pochi gol segnati, pochissimi subiti), è vero che la squadra sta continuando a crescere e ha grandi margini davanti a sé. Le critiche che investono Caserta, soprattutto nei gruppi social della tifoseria, sono in parte ingenerose, in parte frutto di un equivoco (pensare che potesse essere ripetibile il torneo dell’anno scorso), in parte ancora il prodotto di un po’ di prevenzione (dopotutto era il coach che ha perso due derby sulla panchina del Cosenza). La classifica risente degli otto pareggi (come il Bari, top della categoria), tuttavia fra i diciotto punti di Cesena e Cremonese alte al quarto posto e gli undici di Modena e Cosenza penultime, ci sono sedici squadre, praticamente tutte racchiuse in sette lunghezze tranne le tre battistrada (Pisa, Sassuolo e Spezia) e il Frosinone. Una tonnara. Tornando sulla gara di domenica, i ciociari fanalino di coda si sono comportati meglio di altre sfidanti delle Aquile, al “Ceravolo” e in trasferta. Sicuramente meglio della Carrarese, del Sudtirol e del Cittadella, probabilmente pure del Modena. È vero, le tante assenze fra gli ospiti facevano venire l’acquolina in bocca, ma Caserta non è che abbia potuto fare la cicala per comporre la formazione titolare. Nell’economia del match, sono pesate tantissimo l’assenza per squalifica di Pompetti, la tendinopatia che ha costretto a mezzo servizio Petriccione, la piccola lesione muscolare che ha estromesso per la seconda gara di fila Situm (che si spera di recuperare per Reggio Emilia) e le botte ricevute a Pisa da Coulibaly e Seck, di fatto inutilizzabili, hanno privato il tecnico quarantaseienne di geometrie (Pompetti e Petriccione), intensità (Pompetti e Coulibaly), duttilità e intelligenza tattica sulle fasce (Situm), forza fisica e velocità (ancora Coulibaly e Seck). In pratica, chi stava bene ha dovuto assolvere compiti da regista venendo meno a quelli da mezzala d’inserimento che gli riescono alla perfezione (il caso di Pontisso); si è dovuto adattare a sinistra per mancanza di alternative (Compagnon, poi spostato a destra nella ripresa); ha pagato una giornata davvero storta (Cassandro) o la scarsa continuità di impiego dopo un infortunio (Pagano). La sostanza è che sulla linea di centrocampo il Catanzaro era depotenziato in mezzo come sulle corsie nella terza partita in una settimana. Lo era anche per il Frosinone, chiaro, però una cosa è cambiare per necessità come ha fatto Caserta, un’altra per scelta come il collega avversario, che poi aveva pure subentrati più freschi. Il ricorso a Brignola è l’indice delle difficoltà dell’ultimo turno, visto che l’esterno non giocava una gara ufficiale dai playoff dello scorso campionato: se avesse avuto tutti a disposizione Caserta l’avrebbe lanciato lo stesso? Difficile. Di sicuro, il venticinquenne si è impegnato e ha provato a fare qualcosa, dunque potrebbe tornare utile nel prosieguo del girone d’andata. In realtà, di esterni ce n’erano altri, da Turicchia a Ceresoli fino a Buso, però il primo è ritenuto più un terzino di una difesa a quattro, l’altro il quinto di centrocampo lo può fare, solo che nelle corde non ha la spinta di D’Alessandro, il terzo è un attaccante chiuso da altre quattro punte. In una rosa con ventinove calciatori avere poche soluzioni in alcuni reparti è un altro paradosso di questo avvio di stagione, ma se adesso il Catanzaro pensato per il 4-2-3-1 ha trovato equilibrio e solidità con il 3-5-2 modificare l’assetto sarebbe controproducente. Oggi pomeriggio la ripresa degli allenamenti a San Floro: da valutare le condizioni di Situm e La Mantia, uscito malconcio dalla gara col Frosinone.