Catanzaro, Crotone, Vibo

Sabato 16 Novembre 2024

Catanzaro, i tanti impegni di Morganti

Il centro sportivo di Giovino, il campo di San Floro, il dossier stadio. Di lavoro ce n’è stato subito tanto, ma un direttore generale come Paolo Morganti è stato preso proprio per i molteplici aspetti nei quali il Catanzaro sta crescendo e vuole continuare a farlo. La molla che ha spinto a scegliere il giallorosso un dirigente che nei quattro anni precedenti è stato al top in Italia: “Football department organization manager” della Juventus, per cui si occupava della gestione organizzativa delle attività “Area football”, della direzione dei centri sportivi Continassa e Vinovo, e della scuola Juventus. Da ex calciatore (sempre nella sua Novara, in Serie C), un giudizio può darlo anche sul cammino del Catanzaro in campionato: «Teniamo conto che è un anno di riforma e ricostruzione, quindi è normale all’inizio dover trovare un’identità. In questo momento stiamo ancora percorrendo la strada per definirne una nostra, ma il lato positivo è che, delle squadre incontrate finora, nessuna ci ha messo sotto. Vuol dire che il valore dei ragazzi c’è, e pure che c’è sempre stata una reazione, per ultimo a Reggio Emilia in una gara oggettivamente dominata per gioco e occasioni. La squadra ha solidità difensiva e il mister sta lavorando molto sulla parte offensiva, ne stiamo vedendo gli effetti». Che idea si è fatto dei giocatori e del tecnico? «Tecnicamente li conoscevo tutti, mi hanno impressionato sul piano umano, hanno tutti voglia di far bene e si sono tutti a messi a disposizione dell’allenatore. Caserta è bravo, ha grande empatia con i calciatori, è trasparente e pratico, nella gestione delle persone questo è un fattore molto positivo». Lei dg, Polito ds, sembrate una strana coppia… «Siamo complementari, io faccio il mio e non ho mai guardato alla parte sportiva. Di quella se ne occupa Ciro, egregiamente, e devo dire che vedo in lui quello che molti ds oggi hanno perso, cioè la capacità di interagire coi calciatori ed entrare nello spogliatoio». Cosa ha trovato venendo qui? «Intanto persone con qualità importanti perché c’è una proprietà di grandi imprenditori che sa riconoscere chi lavora bene per la società. Poi il tema della costruzione di un’organizzazione ancora più completa, un tema che anche i club più piccoli stanno affrontando soprattutto in Europa, mentre in Italia siamo un po’ indietro. Pure sulle infrastrutture, fra l’acquisizione di Giovino, dove sono in corso la trasemina e piccoli interventi di sistemazione degli spogliatoi, e il campo di San Floro, ci sono campi e strutture di buona o alta qualità». La riqualificazione dello stadio “Ceravolo” è l’altro grande tema che segue direttamente… «Su questo c’è convergenza col Comune. È un discorso ampio, per cui servono le persone capaci di farlo, consulenti di settore dal valore internazionale (Massimo Roj con Sportium e Progetto Cmr, ndr). La collaborazione per noi è fondamentale per scegliere un progetto sullo stadio che sia funzionale per i nostri tifosi. Il “Ceravolo” ha cent’anni e il suo fascino, essendo all’interno della città ha pro e contro, migliorarlo significa dare un degno palcoscenico a una squadra molto seguita e un punto di riferimento alla città». Cosa l’ha convinta ad accettare il Catanzaro e com’è stato l’impatto con la città? «Mi ha convinto il presidente Noto, credo molto alle persone e ai progetti, lui da ingegnere è sempre stato molto razionale nel rappresentarmi ciò che è il club, e cosa potrà diventare. Mi sono messo in gioco in una realtà importantissima per la B, come dimostra il seguito in casa e trasferta: le famiglie che vanno in curva anche lontano dalla Calabria era una cosa che non vedevo da anni, è un fattore molto positivo e segna la maturità di questa tifoseria. Quanto alla città, la qualità della vita è alta soprattutto nelle zone costiere. Mi trovo molto bene, la gente è disponibilissima, al di là della viabilità che all’inizio ho faticato a conoscere». Quali differenze fra la Juve e i giallorossi e qual è il suo obiettivo di fondo? «Per me è fondamentale creare un’identità del club che sia riconoscibile all’interno del club e ovviamente anche fuori. Quando avverrà questo vorrà dire aver lavorato bene, ma la vera differenza fra la Juve e un po’ tutte le società italiane è che, a livello organizzativo, si raggiunge l’obiettivo quando si previene un problema e non si interviene su un problema».

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