Prima da terzino, poi da allenatore, ora da ambasciatore. Giuseppe “Tato” Sabadini non ha mai smesso di frequentare il “Ceravolo” e seguire il Catanzaro. Dallo scorso campionato è uno dei “commissari” che l’Assocalciatori e la Lega Serie B inviano in tutti gli stadi del torneo: sono i sindacalisti di chi in campo ci mette impegno, gambe, idee e fantasia. «E in questa veste parlo con i capitani un’ora e mezzo prima della gara. L’iniziativa era cominciata anche in questa stagione, poi si è interrotta per un mese e mezzo, ma ho fatto in tempo a dire a Iemmello di fare un gol che lui ha risposto sempre con i fatti. Glielo ripeterò anche dopodomani», spiega Sabadini, presenza fissa sui Tre Colli che sono casa sua da circa venticinque anni, più o meno da quando divenne per un breve periodo tecnico delle Aquile (1997) dopo esserne stato vice (a fine anni ’80) e soprattutto giocatore di spicco nel periodo d’oro (fra il 1978 e il 1983, con 111 presenze).
«Mi auguro che il club ritorni a quei fasti, ma ci vuole pazienza ed è questo l’invito che rivolgo ai tifosi, oltre che ad avere fiducia del mister. Io con Caserta ho parlato, è una brava persona e un bravo allenatore. All’inizio l’hanno un po’ massacrato: puoi preparare la gara quanto vuoi, ma se i giocatori non rispondono non puoi farci niente, anche se poi tutti danno la colpa solo a te. Vorremmo tutti andare in Serie A, però quella categoria è un’altra cosa, servirebbe anche uno stadio all’altezza, quindi calma».
Secondo Sabadini, ai giallorossi è mancata un po’ di fortuna in questo avvio di stagione. «Un anno fa magari facevano tre tiri e segnavano due volte, adesso no e i pali colpiti con la Reggiana lo dimostrano. A parte questo, la Serie B è sempre molto dura, molte squadre si sono rinforzate e attendono al varco il Catanzaro, che è una specie di spauracchio per quanto fatto nello scorso torneo e nella C precedente. Qualcuno è partito, è vero, ma la squadra mi sembra discreta e ha tutto per crescere». Con quel «tutto», Tato intende anche l’ambiente che spinge: «Una curva come la “Capraro” mi fa venire i brividi ogni volta, senza dimenticare quanta gente porta in trasferta questa squadra, è una cosa eccezionale. A me piacciono Bonini e anche Pittarello, che si impegna tantissimo come Biasci. In gruppo mi sembra si equivalgano un po’ tutti, tranne Iemmello che io chiamo la Pantera rosa, perché lo vedi che spunta da una parte e dall’altra del campo e al momento giusto, zitto zitto, la butta dentro».
Gli stenti di partenza sembrano superati. Le vittorie sono ancora poche (appena due), l’identità di squadra diversa e più marcata: «Biasci mi pareva sempre troppo solo e con il 4-2-3-1 si sbilanciavano forse un po’ troppo, ma pian piano le cose si migliorano. Da tecnico dell’Alessandria, avevo un buon gruppo e due o tre leader che responsabilizzai dicendogli che dovevano prendere l’iniziativa in campo e badare che qualcuno, nello spogliatoio, non pensasse solo a sé: funzionò, visto che vincemmo il campionato. Caserta può fare allo stesso modo, mentre ai calciatori dico solo di non non farsi trasportare troppo dall’entusiasmo. Questa col Mantova – ha concluso – è una gara importante, in casa bisogna vincerne il più possibile per evitare di trovarsi invischiati nei guai».
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