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Magna Graecia di Soverato, Francis Ford Coppola ai giovani: fate ciò che amate

Domande e risposte appassionate, ma è uscito dal palco senza ritirare il premio Colonna d’Oro e senza l’atteso annuncio sul suo prossimo film

«Ciò che voglio fare questa sera è un salto nel futuro». Così il regista Francis Ford Coppola ha aperto il dibattito interattivo durante l’anteprima della ventiduesima edizione del Magna Graecia Film Festival, che quest’anno si svolgerà dal 26 luglio al 2 agosto a Soverato e che ha scelto il cineasta Premio Oscar, autore di pietre miliari del cinema internazionale come «Il Padrino», «Apocalipse Now» e «I ragazzi della 56. strada», da apripista della nuova edizione.

Spettatori e fan hanno potuto porre domande sui temi trattati dal suo ultimo film «Megalopolis», uscito lo scorso 16 ottobre e che ha suscitato non poche polemiche per il suo carattere complesso e ambizioso basato su temi futuristici e distopici fondendo una visione apocalittica della città di New York a quella dell’antica Roma. Un film che Coppola ha iniziato ad abbozzare più di quarant’anni fa e che ha portato avanti con grande ostinazione tanto da decidere di autofinanziarlo con una spesa di 120 milioni di dollari, forse proprio perché dietro a Cesar, l’architetto-sognatore protagonista interpretato da Adam Driver, c’è forse lo stesso Coppola che tra i grattacieli della Grande Mela vede il futuro – utopico o distopico? – della società contemporanea che vive tra giochi di potere, tradimenti politici, vizi e decadenza.

E se il titolo e l’immaginario del film può riprendere in parte il film cult muto del 1927 «Metropolis» di Fritz Lang, dall’altra il «megalon» di Coppola si riferisce a una costruzione morale di un mondo ormai così dissoluto nella sua complessità e che diventa difficile da decostruire e riaggiustare. E la frase «sei ossessionato dal futuro e troppo posseduto dal passato» risuona non solo come un rimprovero, ma proprio del desiderio di rendere migliore la società in cui vive.

Così, gli interrogativi che lascia aperti il finale del film, se sia davvero giusta la società in cui viviamo e si possa cambiare il nostro futuro riuscendo a scovare un antidoto all’abissale povertà di valori dell’oggi, non potevano che non essere i temi al centro del dibattito, «How to change our future», nella sala del Supercinema di Soverato.

I giovanissimi in sala hanno potuto porre al regista domande sui temi riguardanti il futuro incerto e la possibilità di ricorrere a qualche rimedio, contrapponendo correttivi, o forse speranze o illusioni, alla visione catastrofica di Coppola.

Attraverso una lavagna, il regista ha voluto tracciare alcune parole chiave sul futuro con dieci ragazzi sul palco «per capire come possiamo contribuire per migliorare il futuro dei nostri figli. Sappiamo di essere governati da una serie di concetti che esistono da millenni. Credo che sia necessario parlare di cose che governano le nostre vite da migliaia di anni».

Passando dalla tematica del tempo e prendendo in riferimento l’orologio della scenografia del film come «mezzo che scandisce e il tempo e le nostre giornate, il nostro lavoro, la nostra vita rendendo ogni giorno opprimente e schiacciante» si è poi parlato del lavoro e di due tipi di lavoro, «quello che amiamo e quello che non amiamo: ciò che facciamo come “play” e come gioco, invece a quello che chiamiamo come “lavoro sodo” che diventa massacrante. In un mondo utopico faremo ciò che ci piace, mentre ciò che non ci piace lo delegheremo ai robot».

E nella società basata sulla produttività e sul principio per cui ad ogni cosa corrisponde un preciso valore monetario, non poteva mancare il riferimento ai soldi: «Io credo che in un mondo utopico ogni cittadino dovrebbe ricevere un corrispettivo equo da parte dello Stato. Questa non è una visione comunista, ma giusta, che ci insegnerebbe l’uguaglianza».

Sul ruolo dei governi ha espresso il suo punto di vista dicendo che in una sua baconiana «Nuova Atlantide» vedrebbe «politici senza un compenso perché questo implica un’ambizione in termini di carriera», facendo anche poi un collegamento alla lotta per il potere in termini di patriarcato e come nel passato questa forma fosse solo un modo di dire «sono il vostro re e voi tutti siete i miei schiavi», dato che invece «le società erano rette da un sistema matriarcale».

Non sono mancate domande personali da parte degli spettatori più giovani sulla sua giovinezza, a cui ha risposto: «Da ragazzo ero molto solo e per questo andavo al cinema. È da lì che è nata la mia passione. Mi sono sentito molto volte inadatto e fuori luogo, ma quando fai la cosa che ami, questo cambia totalmente».

Infine, un ultimo appello al pubblico in sala: «Fate ciò che amate» e l’uscita repentina dal palco, mentre gli spettatori attendevano l’annuncio ufficiale sul suo prossimo film – che, secondo quanto aveva annunciato il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto nei giorni scorsi, dovrebbe essere girato in Calabria – e il conferimento del premio Colonna d’Oro che il regista però non ha voluto ritirare.

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