
La XXII edizione del Magna Graecia Film Festival entra nel vivo della competizione cinematografica riaffermando la sua vocazione originaria di coniugare l’esperienza di figure storiche del cinema italiano con un’attenta esplorazione delle nuove tendenze e dei linguaggi emergenti. Un equilibrio delicato, ma sempre più necessario: «Le opere prime – spiega il direttore artistico Gianvito Casadonte dal palco soveratese – sono difficili perché, dopo essere prodotte vengono messe in un cassetto e dimenticate. La nostra finalità è favorire i giovani autori in una terra come la Calabria. Aprendo questo cassetto diamo visibilità ai futuri maestri del cinema».
Intanto, dopo la coinvolgente masterclass di Kim Rossi Stuart, che ha offerto uno sguardo introspettivo sul mestiere dell’attore e sul ruolo della regia come estensione della propria visione artistica, il festival si concentra sulla sezione competitiva, articolata tra cinema del reale, fiction d’autore e percorsi multidisciplinari. Una giornata tra identità, marginalità e metamorfosi generazionali che si apre alle 18.30 con «Si dice di me» di Isabella Mari per la sezione documentari, che indaga le molteplici dimensioni dell’identità di genere, ponendosi come esempio di cinema del reale che si innesta nel dibattito socioculturale contemporaneo, mantenendo un equilibrio tra etica della rappresentazione e rigore formale. Alle 21:30 per la sezione internazionale «Il Mohicano» del francese Frédéric Farrucci, che torna a confrontarsi con le marginalità urbane in un film che si muove tra finzione e realismo sociale. Nell’arena del lungomare spazio alla sezione italiana, alle 21, con «Il ragazzo dai pantaloni rosa» di Margherita Ferri, ospite della serata. Dopo l’opera prima «Zen sul ghiaccio sottile», Ferri prosegue la sua indagine sul coming-of-age, il passaggio all’età adulta e sulle dinamiche di inclusione sociale, ponendo l’accento sul corpo e sulle identità fluide. Il film si distingue per la costruzione di un linguaggio visivo essenziale e la capacità di trattare temi complessi con delicatezza e profondità.
Ancora le masterclass a dare la cifra stilistica al festival, con Marco Giallini: un’occasione per analizzare il percorso artistico di uno dei nostri interpreti più poliedrici, capace di muoversi con naturalezza tra dramma e commedia, incarnando un antieroe umano e contraddittorio.
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