Segregata in un capannone a Briatico, legata mani e piedi a un palo e qui percossa ripetutamente. Con calci, pugni, un bastone e un palo. Un incubo per una 40enne originaria di Rombiolo (V. C. le iniziali) durato circa 17 ore. Una vicenda su cui i carabinieri del comando compagnia di Vibo Valentia sono riusciti a fare in parte luce. Indagini che hanno portato all'arresto di tre persone. Si tratta di Leoluca Lo Bianco, di 47 anni, compagno della donna, e dei suoi fratelli Antonio di 41 e Salvatore di 37 (quest'ultimo arrestato a Bologna), tutti di Vibo Valentia. Sequestro di persona in concorso l'accusa mossa nei loro confronti. Inoltre ad Antonio Lo Bianco viene anche contestatoil reato di minaccia aggravata, mentre al fratello Leoluca quello di maltrattamenti in famiglia. Partendo dalle dichiarazioni della donna (portata dallo stesso compagno in ospedale nel pomeriggio di domenica 23 settembre) i carabinieri avviavano serrate indagini eseguendo una serie di perquisizioni su luoghi e veicoli che erano stati potenzialmente utilizzati per compiere il delitto. Venivano rinvenute due corde, un rotolo di nastro da pacchi verosimilmente utilizzati dagli autori per immobilizzare la vittima ed impedirle di parlare. Le ricerche venivano estese anche nei magazzini nella disponibilità della famiglia del compagno della donna dove venivano ritrovate anche le scarpe della vittima. Inoltre le prove raccolte e dichiarazioni di testimoni - riferite a momenti antecedenti al sequestro - permettevano di ricostruire l’intera vicenda e di ritenere Leoluca Lo Bianco ed i fratelli Antonio e Salvatore responsabili della triste storia. In pratica sabato 22 settembre, durante il primo pomeriggio, mentre la donna era in auto con il convivente, riceveva la chiamata sul cellulare dal figlio 20enne. Questi le riferiva di essere molto preoccupato poiché pedinato dai fratelli di Leoluca Lo Bianco.Terminata la conversazione telefonica il figlio perdeva le tracce della madre. Da quel momento in poi, secondo la ricostruzione dei carabinieri, una accesa discussione sarebbe sorta tra la donna e il compagno a seguito della telefonata ricevuta. Motivo per il quale la donna veniva successivamente rinchiusa in un capannone da parte dei tre uomini, costretta mediante delle corde ad una canna fumaria per la tostatura delle nocciole, colpita con bastoni di legno e spranghe di ferro, calci, pugni, e lasciata senza cibo ed acqua fino al pomeriggio successivo, allorquando il compagno, spiazzato dalla convocazione in caserma fatta dei carabinieri di Filandari decideva di liberarla inscenando una prestazione di soccorso in suo favore. Secondo gli investigatori il movente è da ricondurre alla contrarietà del compagno della donna e dell’intera famiglia di quest'ultimo ad avere in casa i 2 figli della vittima, avuti da precedenti relazioni.