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'Ndrangheta, estorsione e omicidio: ergastolo per 4 esponenti del clan Bonavota di Sant'Onofrio

Il gup distrettuale di Catanzaro accoglie quasi in  toto la richiesta di condanna del pm Antonio De Bernardo a carico dei principali imputati del processo scaturito dalla duplice operazione "Conquista" che vede alla sbarra capi ed esponenti del clan Bonavota di Sant'Onofrio. Cinque ergastoli il pm aveva chiesto e quattro ergastoli il gup, al termine di un complesso processo con rito abbreviato, ha inflitto ai fratelli Domenico, Pasquale e Nicola Bonavota, rispettivamente di 38, 43 e 41 anni e a Onofrio Barbieri, di 37 anni. Tutti di Sant'Onofrio. Trent'anni la condanna a carico Francesco Salvatore Fortuna, anch'egli di 37 anni.

Quattro anni di detenzione la condanna emessa nei confronti di Giuseppe Lopreiato, di 33 anni, Domenico Febbraro, 24 anni entrambi di Sant'Onofrio e  Vincenzino Fruci, 41 anni di Curinga (per loro il pm aveva chiesto 5 anni e 4 mesi), mentre a due anni è stato condannato il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi per il quale la richiesta del pm era stata di due anni e 8 mesi. Ai nove imputati, coinvolti nella duplice operazione “Conquista” (1 e 2) sferrata nel dicembre del 2016 e a giugno del 2017, contro il clan Bonavota, la Dda contesta, a vario titolo, una sfilza di reati.

Dall’associazione mafiosa, all’omicidio, alla ricettazione; dall’estorsione, al danneggiamento e detenzione di armi.
Al centro della duplice inchiesta – oltre alle intimidazioni a colpi d’arma da fuoco (nel 2004 e nel 2016), ad aziende del Gruppo Callipo – due fatti di sangue. L’agguato a Raffaele Cracolici (alias Lele Palermo), capobastone di Maierato trucidato a raffiche di kalashnikov e colpi di fucile il 4 maggio del 2004 in località “Speziale” di Pizzo e quello teso a Domenico Di Leo (detto  Micu i’ Catalanu) anch’egli massacrato di colpi il 12 luglio del 2004 a Sant’Onofrio.

Per l’omicidio di Lele Palermo alcuni indagati all’epoca sono finiti sotto processo mentre altri al processo non sono proprio arrivati. Gli uni e gli altri uscendone senza colpo ferire: Vincenzino Fruci, Domenico Bonavota (assolto con sentenza passata in giudicato), Francesco Scrugli (deceduto) e Andrea Mantella (questi ultimi due addirittura prosciolti). A riaprire il capitolo erano state proprio le dichiarazioni di Mantella (ex boss emergente di Vibo che ha poi deciso di collaborare con la Dda) dopo che quelle di Francesco Michienzi, nell’ambito dell’operazione Uova del drago, non erano state ritenute credibili.

Due delitti che per la Dda porterebbero il marchio dei Bonavota di Sant’Onofrio e, per il boss di Maierato, anche il placet di Rocco Anello a capo dell’omonima ‘ndrina operante fra Filadelfia e il bacino dell’Angitola. Dinamiche sanguinarie sul cui sfondo ci sarebbero stati gli interessi orbitanti attorno all’area industriale di Maierato. Perché a determinare la condanna a morte di Raffaele Cracolici e di Di Leo sarebbero stati gli affari ruotanti attorno al Parco commerciale e, per il boss di Maierato, anche il timore dei Bonavota di subire le reazioni del capobastone intenzionato a vendicare con il sangue l’assassinio del fratello Alfredo Cracolici, ucciso due anni prima.

Nutrito il collegio della difesa rappresentato dagli avvocati: Sergio Rotundo, Salvatore Staiano, Vincenzo Gennaro, Nicola Cantafora, Tiziana Barillaro, Francesco Muzzopappa, Giosuè Monardo, Ermenegildo Massimo Scuteri, Nicola D’Agostino e Giuseppe Spinelli.

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