Avvocati che preferiscono mantenere l’anonimato «perché devo tutelare i miei clienti»; sindacalisti che non vogliono comparire «perché è meglio così»; lavoratori che (a ragion veduta) hanno paura di perdere l’unico lavoro che hanno con il quale mantengono la famiglia. Anche se in nero. Anche se bisogna abbassare la testa «perchè lavoro non ce n’è e quello che hai te lo devi tenere stretto». È questa la situazione lavorativa nel basso Ionio catanzarese, da Montepaone a Guardavalle compresi i comuni collinari. Nessuno si espone, nessuno vuole parlare. Tutti preferiscono rimanere anonimi sperando che cambi qualcosa. Ma se nessuno parla come si potrà cambiare una situazione che ha portato e continua a portare i giovani a lasciare il loro paese natìo per andare fuori regione a trovare lavoro? I lavoratori hanno paura: «Se vuoi lavorare – ci sussurra Serena (nome di fantasia) – ti assumono part-time, le classiche 20 ore settimanali ma poi ti fanno lavorare per oltre 12 ore al giorno compresa la domenica, senza permessi o ferie e la paga……». Esistono anche i disoccupati, che pur godendo dell’assegno di disoccupazione lavorano in nero, o lavoratori disoccupati costretti a lavorare solo in nero in senso stretto. Altra nota che alcuni di loro evidenziano è data dal fatto che qualche volta il datore di lavoro dica loro “domani tu rimani a casa, non c’è lavoro” per poi scoprire dai commenti dei colleghi “regolari” dopo qualche giorno che vi è stata una visita ispettiva da parte di qualche organo competente. Leggi l’articolo completo su Gazzetta del Sud – edizione Catanzaro in edicola oggi.