Autobomba di Limbadi, ordinanza cautelare annullata con rinvio dalla Cassazione per Lucia Di Grillo
La Cassazione annulla con rinvio davanti al Tribunale del Riesame di Catanzaro, che lo scorso agosto aveva rigettato i ricorsi, avverso l'ordinanza di custodia cautelare emessa a luglio del gip distrettuale, presentati dagli indagati coinvolti nell'autobomba che il 9 aprile dello scorso anno uccideva a Limbadi il biologo Matteo Vinci, di 44 anni e feriva gravemente il padre Francesco. La Suprema Corte (Prima sezione) ha, infatti, accolto l'istanza di Lucia Di Grillo, 29 anni (avvocato Giovanni Vecchio) disponendo un altro esame davanti al Tdl. Al momento la donna - coinvolta assieme al marito, alla madre e al padre nell'operazione "Demetra" - si trova detenuta nel carcere di Rebibbia e ha con lei i figlioletti. Nel giugno del 2018 scattava l'inchiesta "Demetra", condotta dalla Dda di Catanzaro e dai carabinieri di Vibo, attraverso cui veniva fatta luce sul gravissimo attentato compiuto qualche mese prima e su altre aggressioni subite dalle vittime. Indagine che portava all'arresto di Rosaria Mancuso, di 63 anni (sorella di alcuni boss – ala ‘Mbrogghia – dell’omonima famiglia di ’ndrangheta) che è difesa dall’avv. Giuseppe Di Renzo e dall’avv. Francesco Sabatino; del marito Domenico Di Grillo, di 71 anni (avv. Di Renzo); della figlia Lucia e del marito di quest’ultima Vito Barbara, di 28 (avv. Di Renzo e avv. Fabrizio Costarella). Gli indagati, tutti di Limbadi, sono ritenuti, a vario titolo, ideatori e organizzatori dell’autobomba. In particolare la Dda di Catanzaro alla Mancuso, al genero e alla figlia contesta l’assassinio di Matteo Vinci e il tentato omicidio del padre Francesco. Tutti e quattro gli indagati, inoltre, vengono ritenuti responsabili di un altro tentato omicidio ai danni sempre del padre del biologo, ferocemente aggredito e ridotto in fin di vita il 30 ottobre el 2017 in località “Macrea” di Limbadi, nonché di una tentata estorsione ai danni dei Vinci e di detenzione illegale di armi clandestine. Reati aggravati tutti dalle modalità mafiose. Fatti - secondo gli inquirenti - che sarebbero stati legati alla volontà dei Mancuso-Di Grillo di impossessarsi della proprietà dei Vinci. Un crescendo di tensioni e di scontri il cui apice sarebbe stato appunto l'autobomba del 9 aprile ascorso.