Al di là della responsabilità contabile, ancora da accertare, dei due professori dell’ateneo Magna Graecia destinatari di un provvedimento di sequestro di beni per 1,3 milioni di euro per aver svolto nell’arco di sei anni - questa l’accusa - attività extra accademiche incompatibili con lo status di docente universitario a tempo pieno, la vicenda suscita un interrogativo “a priori” e - bisticcio di parole a parte - prioritario.
Quello se esista o meno un’attività di controllo, da parte dell’Ateneo, volta ad evitare il verificarsi di situazioni che, se confermate all’esito del procedimento aperto dalla Corte dei Conti, possono arrecare un grave danno all’immagine di un ateneo “giovane” e dall’appeal non ancora consolidato come l’Umg di Catanzaro.
«Il controllo esiste e c’è a prescindere, ma certo non si possono seguire tutti i docenti. Non abbiamo una military police che fa pedinamenti, non esiste una struttura del genere in nessuna pubblica amministrazione... », afferma il direttore generale dell’Università, Roberto Sigilli, che pur non essendo il vertice istituzionale dell’Ateneo, che è il Rettore, ha piena contezza della macchina amministrativa.
Certo l’atmosfera al Campus di Germaneto è tesa. Bocche cucite e cellulari irraggiungibili. Blindatura sui nomi dei professori oggetto del provvedimento cautelare, anche se filtrano le illazioni. Una copertura destinata a cadere se il procedimento andrà avanti, concedendo peraltro ai soggetti coinvolti tutte le garanzie di legge per dimostrare l’eventuale estraneità alle accuse ipotizzate dalla Procura regionale della Corte dei Conti.
È attesa per la prima settimana di febbraio l’udienza che dovrà convalidare o meno il sequestro effettuato dagli uomini della Guardia di finanza nei confronti di due docenti dell’Università Magna Graecia finiti nel mirino della Procura della Corte dei conti per aver svolto attività extra-professionali in violazione della legge.
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