Si è spento a 95 anni Gennaro Currà, uno degli ultimi reduci della seconda guerra mondiale, una vera e propria memoria storica degli anni bui in cui l’uomo perse completamente la ragione. L’ex soldato era da anni ospite del centro “ Betania” dove quasi ogni giorno raccontava a tutti le mille peripezie vissute durante la guerra e della causa intentata alla Germania, insieme ad altri ex reduci, per il riconoscimento dei danni subiti. È Chiamato alle armi giovanissimo, come tanti altri sfortunati ragazzi della sua età, il soldato miletese venne subito mandato in Grecia, ma dopo l’armistizio dell’otto settembre del 1943 venne catturato dai tedeschi. Il giovane stipato in un carro bestiame, come migliaia di altri soldati finiti nelle mani dei nazisti, venne, quindi, trasportato in un campo di prigionia in Austria e da qui presso una fabbrica di armi per essere impiegato come operaio e probabilmente anche come scudo umano. Stessa sorte toccò ad altre mille calabresi, molti dei quali non fecero mai più ritorno a casa, deceduti per inedia, tbc e per atti di inaudita violenza. Da sottolineare che ai militari italiani catturati in quei giorni dalle truppe di Hitler non venne mai riconosciuto dal regime tedesco lo status di prigionieri di guerra. Costoro vennero infatti classificati come “internati militari italiani”, completamente fuori, quindi, dalla convenzione di Ginevra e, pertanto, privi di qualsiasi tipo di diritto e di tutela. Alcune settimane dopo la fabbrica di armi alla quale Currà era stato destinato venne bombardata dall’aviazione russa. I morti e i feriti furono centinaia, tra questi anche il giovane soldato calabrese che venne colpito alla testa da un granata. Grazie all’intervento di un bravo medico e di un’infermiera della Croce Rossa che «sono stati - raccontava spesso lo stesso Gennaro - i miei salvatori ai quale devo la vita», il militare, dopo alcune settimane in cui lottò disperatamente tra la vita e la morte, riuscì miracolosamente a riprendersi. La prigionia di Gennaro Currà, al pari di altri italiani, si concluse, poi, nel maggio del 1945 con la caduta del III Reich. «Quello fu per tutti noi - diceva spesso il reduce di guerra - il giorno più bello della nostra vita. Pensavamo, infatti, di non farcela a ritornare vivi a casa per poter riabbracciare i nostri cari». Il soldato miletese una volta libero intraprese, quindi, tra mille peripezie la via del ritorno ed una volta giunto a Nicastro ottenne un passaggio in auto da un carabiniere fino alla volta di Vibo Valentia. Da qui mentre si stava incamminando a piedi alla volta di Mileto venne riconosciuto da un suo compaesano che lo fece salire sul proprio carro. Da lui Gennaro Currà apprese che la ragazza, alla quale prima di partire aveva dato il primo bacio della sua vita, lo stava aspettando. «Quella notizia - confidava spesso agli amici - mi provocò una gioia immensa». Giusto qualche anno dopo quella giovane donna diventò sua moglie. Da lei Gennaro ebbe anche numerosi figli che sono stati tra le gioie più belle delle sua vita. Negli anni a venire il reduce di guerra venne assunto al Comune come netturbino. Ma lui in tutti questi anni ha avuto anche un ruolo pubblico, che è stato quello, senza saltare mai un appuntamento, di commemorare con orgoglio, a fianco delle autorità e della bandiera italiana, nella ricorrenza del quattro novembre i caduti di tutte le guerre.