Sono 166 le organizzazioni criminali in Calabria che contano oltre 4000 affiliati dei quali 2000 si trovano nel distretto di Catanzaro. Sono i dati forniti dal presidente della Corte d’appello di Catanzaro Domenico Introcaso in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. «La progressione criminale dell’organizzazione - ha aggiunto - segue l’evoluzione economico-sociale delle collettività locali, nazionali e internazionali, in cui opera adeguandosi a situazioni, dinamiche modalità diretta a curvare l’economia 'sana' al delitto, con dubbio e devastante effetto criminogenetico». Secondo i dati forniti, l’introduzione dell’euro ha «reso più labile lo spartiacque tra criminalità e illegalità: un fatto che si presta a significative considerazioni. Da un lato l’impresa, o meglio l’attività sommersa può essere veicolo non secondario di riciclaggio e penetrazione nell’economia formale; dall’altro il rapporto tra attività estorsive (tipo usura) ed economia informale è immediato, ben comprensibile e fa sì che l’impresa diviene obbiettivo vulnerabile per definizione e strumentale alle strategie di sfruttamento e/o di espansione delle attività criminali». Introcaso si è poi soffermato sull'«esportazione del crimine in zone del centro e nord Italia ormai assoggettate alle modalità 'ndranghetistiche di gestione di interi settori dell’economia, della finanza, dell’industria». Un fenomeno al quale si accompagna «lo spostamento degli ingenti capitali provenienti dal delitto, impiegati in attività imprenditoriali geneticamente sane e poi corrotte dai nuovi flussi, resi per altro necessari dalle situazioni di crisi ormai decennale». «È purtroppo noto, non fosse che per il clamore mediatico da esso suscitato, che il distretto con il maggior numero di casi è quello della Corte d’appello di Catanzaro, che per il sesto anno consecutivo si è confermata nei primi tre posti, con 158 persone che, nel 2017, hanno subito una ingiusta detenzione; seguono i distretti di Roma con 137 e di Napoli con 113». A dirlo il procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario incentrando il suo intervento sull'ingiusta detenzione e i soldi spesi dallo Stato per i risarcimenti. «Catanzaro e Roma - ha aggiunto - sono anche le città in cui lo Stato ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione: in questo distretto, nel 2017, è stata registrata la cifra monstre di circa 8 milioni e 900 mila euro, ben più del doppio di quanto si è speso per i casi della capitale. Sic stantibus rebus è sicuro sintomo di inadeguata ponderazione degli elementi di prova sia da parte di chi chiede l'applicazione della misura, sia da parte di chi la misura dispone». Immediata la replica del presidente della Corte d’appello di Catanzaro Domenico Introcaso: «La misura e i risarcimenti, ai quali si riferisce il procuratore generale, coprono un arco di tempo che va dal 2010 al 2014/15. Sicuramente è per fatti risalenti dal 2010 al 2014. Per fatti ascrivibili certamente ai ritardi, questa volta, anche della Corte». Per quanto riguarda "l'appiattimento», ha aggiunto Introcaso, «certamente è un fenomeno assolutamente esecrabile però il 'corto circuitò non credo che possa essere limitato e contenuto al rapporto gip-Procura ma a tutta la dinamica propria del processo cautelare». In un rimpallo di battute tra Introcaso e Lupacchini si è poi giunti a individuare le responsabilità di tutti gli organi giudicanti.