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La retata antidroga a Vibo: così il clan Mancuso garantiva in mezzo mondo

«Disposto ad ammazzare per “un pacco” di narcotico», Salvatore Antonino Costantino era pronto a conquistarsi il rispetto dei narcos di mezzo mondo. Se non fosse bastato il nome della potente cosca “Mancuso”, il capo della cellula vibonese trapiantata in Lombardia era pronto a mettere mano alla fondina.

Sono le parole legate alle indagini che hanno portato al fermo di venticinque persone nel Vibonese, a seguito di una retata della Guardia di Finanza, contro il traffico di stupefacenti in Calabria.

«Nel corso delle attività di intercettazione – si evidenzia nel decreto di fermo – si registravano alcune espressioni e condotte intimidatorie nei confronti dei soggetti che entravano in contatto con i membri del sodalizio in esame e, per qualche ragione, non tenevano fede agli impegni assunti, incorrendo in dei ritardi nei pagamenti dei debiti illeciti derivanti dal narcotraffico o nel portare avanti le trattative per l’importazione del narcotico del tipo cocaina».

Così Salvatore ha scalato la gerarchie della criminalità nel Milanese arrivando a costruire un network di contatti che vanno dalla Puglia, alla Spagna, passando per Napoli e il Marocco per finire al Sudamerica.

Una scalata costruita tassello dopo tassello a partire dalle amicizie fatte nel carcere di Bollate dove era detenuto. Così è diventato, secondo gli inquirenti, «il fautore, l’ideatore e l’organizzatore di imponenti importazioni di cocaina».

Per dimostrare, ad esempio, ai suoi contatti spagnoli di essere affidabile non ha esitato a offrirsi per risolvere il problema di un cliente che non aveva pagato il conto di 80mila euro: «... Dimmelo a me che vado io subito ... che andiamo e lo ammazziamo subito…».

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