L’ordine di uccidere l’avvocato Francesco Pagliuso sarebbe stato dato da Luciano Scalise. I mandanti dell’omicidio del penalista lametino sarebbero quindi i vertici della cosca di Decollatura. Lo mette nero su bianco il gip distrettuale Paolo Mariotti che mercoledì sera ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare per gli indagati dell’operazione “Reventinum”. Il gip ha accolto la richiesta avanzata dalla Dda per quanto riguarda Luciano mentre non ha ritenuto sufficienti gli elementi a carico di Pino Scalise. Nelle 50 pagine di provvedimento viene contestata l’accusa di associazione mafiosa a Marco Gallo, il perito 32enne già accusato di essere l’autore degli omicidi di Francesco Pagliuso, Gregorio Mezzatesta e Francesco Berlingieri. Di associazione mafiosa devono rispondere anche Domenico Mezzatesta e di suo figlio Giovanni (classe ’74), attualmente detenuti in carcere per l’omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo. Al contrario già mercoledì sera hanno potuto lasciare il carcere in cui erano detenuti dal 10 gennaio scorso Cleo Bonacci, Eugenio Tomaino, Giovanni Mezzatesta (classe ’76), Livio Mezzatesta, Giuliano Roperti, e Ionela Tutuianu (moglie di Domenico Mezzatesta) per i quali il gip ha ritenuto non sussistenti le esigenze cautelari. Secondo quanto scrive il gip nell’ordinanza l’omicidio Pagliuso «fu commissionato perché l’avvocato Pagliuso era dagli Scalise ritenuto responsabile di aver agevolato e favorito il capo della cosca rivale Domenico Mezzatesta, sia nel processo che vedeva quest’ultimo, insieme al figlio Giovanni (classe 74, ndr) responsabile del duplice omicidio di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo» (soggetti legati a doppio filo alla cosca Scalise), sia nel periodo della latitanza di Domenico Mezzatesta (ritenuto il boss dell’omonima cosca), latitanza durante la quale veniva ucciso Daniele Scalise (il 28 giugno 2014), figlio di Pino e anch’egli elemento di spicco della sua consorteria.