In almeno tre distinte occasioni si sarebbero presentati da due fratelli, imprenditori edili di Arena, per chiedere denaro. "Imbasciata" che avrebbero portato per conto degli "amici di Vibo" e che in soldoni significava il pagamento di duemila euro, ovvero del 5% dell'importo dell'appalto ottenuto dalla ditta, tramite affidamento diretto, per lavori sulla rete fognaria di Vibo Valentia. E proprio nel capoluogo gli incontri sarebbero avvenuti nel febbraio dello scorso anno. Vicenda che è stata subito denunciata dai due titolari dell'impresa ai carabinieri della Stazione di Arena che hanno avviato indagini, in seguito supportate dai militari della Sezione operativa della Compagnia di Serra San Bruno con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Attività che a distanza di un anno dall'avvio delle indagini è sfociata questa mattina nell'operazione "Mbasciata" che ha portato all'arresto di due persone, una di Gerocarne e l'altra di Vibo Valentia. Nello specifico, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip distrettuale su richiesta del pm Andrea Mancuso, in carcere sono finiti: Emilio Pisano, 50 anni di Gerocarne e Vincenzo Puntoriero, 64 anni, originario di Rosarno ma domiciliato a Vibo. Tentata estorsione continuata aggravata dal metodo mafioso, il reato loro contestato. A eseguire il provvedimento sono stati all'alba i carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Serra San Bruno, supportati nella fase esecutiva dai militari delle Stazioni di Soriano Calabro e Arena. I particolari dell'operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa, svoltasi al Comando provinciale, dal capitano Marco Di Caprio, comandante della Compagnia di Serra, con al fianco il maresciallo Valerio Oriti a capo della Stazione di arena e del luogotenente Riccardo Astorina, alla guida della Compagnia di Vibo Valentia. Da quanto emerso i due indagati, con modalità tipiche dell’ambiente mafioso, avrebbero avvicinato in più occasioni i due fratelli al fine di ottenere il pagamento di 2000 euro, pari a circa il 5 % dell’importo complessivo dell’appalto. Le minacce, di fatto, si sarebbero estrinsecate sia in maniera implicita che in maniera esplicita al fine di poter continuare ad eseguire l’appalto ottenuto senza “fastidi” trattandosi di “forestieri” che, proprio per aver sconfinato dal proprio Comune, avrebbero dovuto elargire una percentuale sul valore del lavoro alla cosca egemone di Vibo Valentia. "Lo sai come funziona, dove vai devi bussare per un caffè!" sarebbe stato detto ai due fratelli aggiungendo: "Lo sapete che altrimenti, appena arrivate, prima o poi vi pittano! Se mangiamo noi, mangiano tutti..." E ancora in un'altra circostanza agli imprenditori sarebbe stato ribadito: "Ho parlato con gli amici di Vibo, la somma è 2000 euro. Non siete gli unici e non siete i primi, l'andazzo dove vai vai, in qualunque parte del mondo è questo qua! E' inutile che ci mettiamo i ceci in testa". Proprio gli espliciti riferimenti agli “amici di Vibo”, avrebbero consentito agli inquirenti di collegare i vari episodi estorsivi, dopo aver prima identificato i presunti autori materiali del reato. Il nome dell’operazione trae origine proprio dal fatto che i due soggetti arrestati, di fatto, agli occhi dei denuncianti, apparivano “solo” come mediatori, cioè, utilizzando il tipico termine in dialetto calabrese, portatori proprio di una ‘mbasciata. Ci sono anche tre indagati a piede libero nell’inchiesta. Gli indagati sono tutti pregiudicati che hanno scontato condanne definitive per associazione mafiosa nell’operazione «Nuova Alba» contro il clan Lo Bianco di Vibo e sono da poco usciti dal carcere. Si tratta di Domenico Franzone, 62 anni, Filippo Catania, 68 anni, Carmelo D’Andrea, 61 anni. Nei loro confronti, il gip distrettuale non ha, tuttavia, ravvisato la gravità indiziaria per l’arresto.