Un quadro «altamente inquietante». Sia per la potenza militare della 'ndrina, sia per la capacità di infiltrarsi a tutti i livelli. Nel mondo politico, amministrativo e istituzionale, condizionando di fatto l'ordinaria vita sociale. Insomma un salto di rilevante spessore per l'articolazione dei Bonavota in Piemonte che era riuscita a mettere in piedi una solida holding e le mani in pasta ovunque.
Aspetti che vengono evidenziati nell'ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere - a carico di 18 indagati coinvolti in Piemonte nell'operazione “Carminius” sferrata contro la 'ndrina Arone, diretta emanazione a Carmagnola dei Bonavota di Sant'Onofrio - che porta la firma del gip del Tribunale di Tortino, Giulio Corato, e nelle informative di Guardia di finanza e Ros.
A destare inquietudine non soltanto le attività illecite (in particolare il traffico di droga) della tentacolare consorteria al servizio dei fratelli Salvatore (Turi) e Francesco Arone «quantomeno dai primi anni 90 senza soluzione di continuità - rileva il gip - e pur nell'ambito di presumibili e ragionevoli rimpasti», ma anche il dinamico movimento di armi e soprattutto la “santa alleanza” stipulata con i siciliani.
«Tutt'altro che rassicurante - scrive il gip - appare poi il recente cartello formatosi tra esponenti della 'ndrangheta e i siciliani, quest'ultimi a quanto pare rappresentati da Antonino Buono, gravato da diversi precedenti giudiziari».
Proprio il patto tra calabresi e siciliani, per gli inquirenti piemontesi, avrebbe contribuito a far compiere all'organizzazione un vero e proprio salto di qualità «con atti fortemente minatori - evidenzia il gip - anche nei confronti degli amministratori pubblici, al fine di ottenere provvedimenti amministrativi quanto più graditi e in linea con gli interessi del sodalizio».
Tra Carmagnola, Carignano, Sommariva del Bosco, Moncalieri e Torino Lingotto, il sodalizio avrebbe tenuto il territorio sotto scacco attraverso il controllo delle attività commerciali e nel campo dell'edilizia. Affari anche di un certo peso e spessore, movimentati attraverso una fitta rete di società. Come la BuildUp srl, di Francesco Mandaradoni (tra gli indagati finiti in carcere), titolare anche della Cdm Costruzioni e Cvna srl, attraverso cui l'indagato «consentiva al sodalizio di accrescere la propria forza economica e la propria capacità d'intimidazione, attraverso il rafforzamento del legame con la cosca Bonavota, effettuando regolari pagamenti ad Antonio Serratore», nonché assumendo fittiziamente alle dipendenze della BuildUp i fratelli Pasquale e Nicola Bonavota, lo stesso Serratore e accettando la spartizione dei lavori e dei cantieri decisa dalla 'ndrina nel settore edilizio.
Tra gli “esempi” d'impresa anche quello di Antonino Defina (alias Nino ‘i Palumba) il quale attraverso un “uomo delle cooperative” - che era stato referente piemontese dei genitori dell'ex premier Renzi - e la gestione di alcuni campi da golf con società collegate al Consorzio Isp (terreno dell'uomo delle coop) avrebbe tentato la scalata imprenditoriale. Tentativo però andato in fumo nel 2016 quando tra Defina e il “socio” ogni contatto venne interrotto.
I funzionari pubblici sarebbero stati asserviti al sodalizio, di «mentalità aperta» li definisce con una certa ironia il gip Corato, ai quali si dovrebbe una fuga di notizie - come era stato segnalato dalla Polizia giudiziaria - inerenti proprio l'inchiesta “Carminius”.
Politici, amministratori e funzionari pubblici piegati ai voleri della 'ndrina, ma anche amministratori e professionisti che non hanno abbassato la testa, pagando per questo. Come il vice sindaco di Carmagnola Vincenzo Inglese e l'assessore Alessandro Cammarata i quali subirono l'incendio delle rispettive autovetture.
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