Appalto per la videosorveglianza a Catanzaro, chieste l'archiviazione per sindaco ed ex assessori
Gli elementi per un'appassionante spy story c'erano tutti, con tanto di servizi segreti, generali dell'esercito, imprenditori, faccendieri e soprattutto decine di milioni di euro. Il giallo del progetto Safe City, che doveva trasformare Catanzaro in un enorme grande fratello con 700 telecamere di videosorveglianza, resta però senza il capitolo finale. La Procura della Repubblica di Catanzaro, riporta la Gazzetta del Sud in edicola, ha deciso di chiedere l'archiviazione per il sindaco Sergio Abramo, gli ex assessori Vincenzo Belmonte, Rita Cavallaro, Sinibaldo Esposito, Stefania Lo Giudice, massimo Lo Monaco, Giovanni Merante e Gianpaolo Mungo, il comandante dei vigili urbani Giuseppe Antonio Salerno e l'imprenditore Vincenzo Saladino. Per loro la Procura aveva ipotizzato, a vario titolo, i reati di abuso d'ufficio e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, ma, scrive il pm Pasquale Mandolfino nella sua richiesta al gip, quei «reati sono estinti per intervenuta prescrizione». Inutile, quindi, proseguire con le indagini. Ma nelle due pagine che compongono la richiesta di archiviazione ci sono elementi che sembrano confermare le anomalie denunciate dalle 13 associazioni che, rappresentate dall'avvocato Francesco Pitaro, avevano presentato un esposto alla magistratura. Il sostituto procuratore ricostruisce tutto l'iter amministrativo del progetto “Safe City” presentato dalla società Bunkersec, con sede a Tel Aviv. Gli accertamenti affidati agli uomini della Digos avrebbero fatto emergere come la stipula di quella convenzione «vincolava ipso iure il Comune ad affidare successivamente l'effettiva realizzazione del progetto all'impresa israeliana.