"Bisogna prendere atto, purtroppo, che, quando ci sono in mezzo dei sacerdoti, i pruriti che scattano sono i più disparati pur di mettere in evidenza ed in cattiva luce le persone. A parte questo, su quanto denunciato, l'unica "vera" verità è che i due sacerdoti, spinti da carità cristiana, hanno inteso aiutare e venire incontro alle richieste disperate del sig. R. M., come si evince dall'allegata dichiarazione dello stesso, dandogli in prestito "grazioso", in data 11 ottobre 2012, la bella somma complessiva di € 8.950 (ottomilanovecentocinquanta), quale acconto per pagare un debito" da lui contratto con una terza persona inizialmente indagata, assieme a un avvocato di Vibo, le cui posizioni sono state stralciate e nei confronti dei quali si procede verso l'archiviazione. La Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea si schiera al fianco dei due sacerdoti - don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo e don Nicola De Luca, reggente della Chiesa Madonna del Rosario e rettore del Santuario dell'Isola di Tropea - per i quali la Dda ha chiesto il rinvio a giudizio con l'accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. "La predetta somma non è stata mai restituita da R.M., come non è stato pagato il resto del debito" all'originario creditore. "Al contrario di quanto apparso sulla stampa - prosegue la nota dell'Ufficio stampa della Diocesi - non è stato don Maccarone a minacciare il sig. M., evocando l'intervento di chissà chi, ma è stato questo a raggirare il sacerdote e a tentare ogni ricatto registrando a sua insaputa conversazioni telefoniche, il cui contenuto è stato artatamente alterato e artificiosamente interpretato fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale con la figlia disabile e cose del genere, con minaccia per di più di rendere pubblici quei messaggi. Il tutto finalizzato chiaramente per trovare una scusa e non restituire il denaro avuto in prestito. E' veramente grave ed immorale da parte di un padre giocare con la onorabilità di una figlia per soldi. Capito il soggetto e soprattutto vista l'impossibilità di riavere il denaro prestato, don Maccarone insieme a don De Luca, hanno inteso tagliare completamente i ponti col sig. R.M. rinunciando a tutto il dovuto. In risposta il tale ha provveduto ad inventare un'accusa inesistente e a denunciare alla Dda di Catanzaro la falsità dell'accaduto, per di più con l'aggravante mafiosa". Per la Diocesi l'accusa di tentata estorsione di stampo mafioso "usata da don Maccarone nei confronti del R.M., è senza riscontri nella realtà. Avere un parente che conosce il tale dei tali, non significa avere legami e rapporti di frequentazione con certi ambienti. Le elucubrazioni evocative di senso contrario sono frutto di fantasia e di malevolenza di chi le ha costruite e le ha messe in giro. A questo riguardo don Maccarone, con le autorizzazioni dovute, ha provveduto già ad una denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia per tramite del Comando dei Carabinieri di Mileto per tutelare la sua immagine". Inoltre don Maccarone già nei giorni scorsi, tramite il suo avvocato di fiducia (è difeso dagli avvocati Domenico Colaci e Francesco Iacopino), ha chiesto di essere ascoltato da Annamaria Frustaci della Dda di Catanzaro, titolare dell'inchiesta.