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'Ndrangheta, i soldi raccolti in Emilia portati a "zio Nicola"

Il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato

Uno dei compiti di Salvatore Grande Aracri, «nell'ambito del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano», era quello di raccogliere il denaro, frutto di proventi illeciti, «destinato» allo zio Nicolino Grande Aracri.

Dopodiché, i soldi venivano portati «direttamente a Cutro» o consegnati a «Giuseppina Mauro, “zia Maria”, quando la donna andava a trovare il marito Nicolino Grande Aracri al carcere di Novara».

Il racconto del collaboratore di giustizia, Giuseppe Liperoti, agli atti dell'ordinanza “Grimilde” (ne parliamo anche a pagina 17), descrive quale fosse il legame tra la ‘ndrina attiva in Emilia Romagna e la casa madre dei Grande Aracri di Cutro. Una ricostruzione dei fatti che oggi va a comporre il puzzle dell'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna e condotta dai poliziotti della Squadra Mobile felsinea (assieme ai loro colleghi di Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Crotone), venuta alla luce martedì mattina con l'esecuzione di sedici ordinanze di custodia cautelare, tra l'Emilia Romagna e il Crotonese, nei confronti di altrettanti esponenti e fiancheggiatori della costola emiliana dei Grande Aracri.

L'asse Emilia Romagna-Cutro viene confermata da un specifico episodio: la scarcerazione del boss Nicolino Grande Aracri, avvenuta il 5 aprile del 2011, al quale venne imposta la sorveglianza speciale con l'obbligo di dimora a Cutro. Per quell'occasione, come riscontrato dalla versione fornita dal “pentito” Giuseppe Giglio e riportata nell'ordinanza degli arresti, firmata del gip di Bologna Alberto Ziroldi, «era sbarcata tutta Reggio Emilia a Cutro». Tra le varie partenze dalla cittadina emiliana al centro del Crotonese, si fa particolare riferimento al viaggio compiuto dallo stesso Salvatore Grande Aracri (arrestato in “Grimilde” insieme al padre Francesco ed al fratello Paolo), con Girolamo Rondinelli e Giuseppe Liperoti. Ma il 7 aprile del 2011, è scritto nel provvedimento del gip, Francesco (fratello di Nicolino) e Salvatore Grande Aracri si recarono a Cutro «non per una semplice visita di cortesia». Francesco, scrive il giudice, lasciò «la propria utenza mobile a Brescello» e portò «con sé altra utenza che teneva comunque spenta, per evitare più che probabili controlli di polizia».

«Del resto - è scritto nell'ordinanza - che si trattasse di una chiamata ineludibile, legata alla necessità del fratello di riprendere il controllo delle attività illecite una volta guadagnata la libertà lo dimostra il fatto che Francesco Grande Aracri era appena rientrato dalla Calabria, il che lo tratteneva dal precipitarsi nuovamente a Cutro, non appena avuta la notizia della scarcerazione del fratello». C'è di più. Gli inquirenti, inoltre, verificarono successivamente che i viaggi a Cutro furono fatti non soltanto nei giorni che seguirono la scarcerazione del boss. Alle 2 del 4 settembre 2011, riporta il provvedimento di arresto, nell'area di servizio Sangro Est (Chieti), furono «identificati all'interno dell'autovettura Antonio Gualtieri, Antonio Silipo e Salvatore Grande Aracri di ritorno da un viaggio svoltosi dal 2 al 4 settembre 2011 per far visita a Nicolino Grande Aracri».

Sono finiti in carcere: Giuseppe Lazzarini (37 anni, Cutro); Francesco Grande Aracri (65 anni, Cutro); Salvatore Grande Aracri (40, Brescello); Paolo Grande Aracri (29, Brescello), Claudio Bologna (55, Parma), Giuseppe Caruso detto Pino (59, Piacenza), Albino Caruso (60, Piacenza), Antonio Muto (48, Gualtieri), Francesco Muto (52, Brescello), Domenico Spagnolo (41, Reggio Emilia), Giuseppe Strangio (49, di Rocca di Neto e residente nel Parmense), Pascal Varano (32, Poviglio di Reggio Emilia), Leonardo Villirillo (52, Crotone).

Ai domiciliari: Gregorio Barberio (30 anni, residente a Reggio Emilia), Davide Gaspari (42, Viadana) e Manuel Conte (28, Brescello).

 

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