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Mileto ricorda le 39 vittime della strage di Carasace

Quello di domani sarà per Mileto il giorno del ricordo. Ricorre, infatti, il 76esimo anniversario della strage di “Carasace”, il giorno della morte e del dolore, in cui persero la vita numerosi cittadini inermi, vittime innocenti di una guerra sanguinosa e assurda le cui ferite sono ancora vive tra le persone ormai avanti negli anni e che all’epoca da bambini furono testimoni diretti di un bombardamento inaspettato e terribile.

Le vittime della carneficina verranno ricordate domani sera alle 18,30 nel corso di una messa celebrata dal parroco don Salvatore Cugliari nella chiesa di San Michele. Seguirà su iniziativa del Comune e della Pro Loco la deposizione di una di una corona di alloro davanti alla lapide e il ricordo delle vittime da parte del sindaco Salvatore Fortunato Giordano. E’ prevista anche la deposizione di un mazzo di fiori nel luogo esatto in cui sotto un albero di magnolia dell’ex ospedale vennero adagiati i corpi straziati delle vittime del bombardamento.

Ma andiamo addentriamoci nel racconto di quei tragici momenti del 16 luglio del 1943 della quale i miletesi non hanno mai perso la memora grazie anche al compianto scrittore Giuseppe Occhiato e allo storico Filippo Bartuli che al martirio dei loro compaesani hanno dedicato libri e ricerche storiche documentate. Poco prima di mezzogiorno – così riportano le cronache di quei momenti - un gruppo di persone, per lo più gente di Mileto, ma anche qualcuno proveniente da altri centri del circondario, composto soprattutto da contadini, stava cercando riparo nelle campagne circostanti per sfuggire alla violenza della guerra. Ma il destino riservò a molti di loro una fine atroce. In 39 perirono, infatti, sotto le bombe e i mitragliatori di alcuni aerei militari. Tra le vittime diversi furono i bambini. Alcune famiglie, inoltre, subirono più di un lutto come nel caso dei fratelli Antonino, Domenico e Salvatore Pititto detti i “Nennelli” che persero le rispettivi mogli e quasi tutti i figli. Un intero gruppo familiare distrutto nel giro di pochi minuti. Sotto le bombe perirono anche le tre sorelline D’Onofrio, figlie di Francesco e di Maria Concetta Grillo e una giovane madre Caterina Artusa che si sacrificò per fare da scudo al figlio Pasquale che a causa delle bombe rimase privo di un braccio. E nel bagliore sinistro di quel giorno tragico morì in braccio alla madre Maria Cattolica Grillo anche un bimbo di appena quattro mesi Antonio Cichello, che oggi sopravvive nei ricordi della sua numerosa famiglia. Un’altra delle vittime fu una ragazzina che aveva appena conseguito a pieni voti gli esami di licenza elementare e che durante quell’ estate di guerra sognava un futuro da maestra.

All’epoca per quella stage di innocenti si parlò di errore, di accidentalità, ma anche di un episodio da inquadrare nella volontà degli angloamericani di terrorizzare la gente per accelerare la caduta del regime fascista. Un fatto è certo, gli aerei che colpirono i civili inermi provenivano dal campo di aviazione, un importante obiettivo di guerra vicinissimo alla cittadina di Mileto e che proprio quella mattina aveva subito l’ennesimo attacco nel giro di pochi giorni e, in modo particolare,dopo quello violentissimo dell’11 luglio che causò circa ottanta morti. I testimoni di quel giorno riferiranno nell’immediatezza dell’accaduto che gli aerei che poi colpirono i civili miletesi provenivano proprio dal campo d’aviazione di Vibo Valentia e che una volta compiuta la loro missione di distruzione e di morte tornarono indietro per ricongiungersi alla formazione che aveva appena bombardato l’aeroporto.

Oggi di quel 16 luglio 1943, rimane la lapide delle vittime di quella carneficina, eretta davanti alla chiesa di San Michele con i nomi della vittime, allineati in ordine alfabetico, la medaglia di bronzo al valor civile concessa alla città di Mileto quale “grande esempio di spirito di sacrificio” e la intitolazione avvenuta quattro anni fa, su stimolo dell’associazione culturale “Studi storici miletesi,” della scuola dell’infanzia di Mileto-centro alle sorelline D’Onofrio, tra le vittime del bombardamento. “Tocchi di campana echeggiano ogni anno – ricorda in un suo saggio lo scrittore Mimmo Mazzeo – tra gli ulivi e gli orti di “Cuntura”, “Jarè”, “Papissa” e “Carasace”,ovvero lungo lo schienale di oleandri e zagare di quelle contrade in cui la banalità del male, con tutto il suo carico di follia, sfregiò l’anima popolare di Mileto, straziando carni innocenti in un quarto d’ora di barbarie senza fine”. Tocchi di campana che risentiremo ancora domani perché Mileto non dimentica.

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