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Localizzate piantagioni di cannabis nelle Serre Vibonesi

L'entroterra montano delle Serre vibonesi si rivela una vera e propria fabbrica di marijuana. Soprattutto i territori di Nardodipace e Fabrizia dove, nel corso dell’ultima settimana,  i militari della Compagnia di Serra San Bruno, unitamente ai militari delle Stazioni Forestali di Serra San Bruno e Fabrizia, allo Squadrone Eliportato “Cacciatori” di Calabria, grazie all’importante contributo del Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, hanno localizzato ed individuato ben 2200 piante di canapa indiana suddivise in 17 piantagioni.

Il potenziale giro d’affari è stato stimato in  circa 2 milioni di euro; la sostanza, invece, avrebbe fruttato circa 8 milioni di euro se si considera la vendita “al dettaglio” di ogni singola dose.

Dopo l’operazione “Green Mountain” coordinata e condotta dai militari della Compagnia di Serra San Bruno nell’estate del 2018, con l’ausilio sempre dei Carabinieri Forestali, dei Cacciatori di Calabria e dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, anche quest’anno i Carabinieri, con l’operazione “Un posto al sole” (il nome deriva dal fatto che le piazzole coltivate devono necessariamente avere un’esposizione al sole), hanno cercato di dare un duro colpo agli affari economici della locale criminalità al fine di debellare il fenomeno della produzione di sostanze stupefacenti del tipo cannabis.

Quest’anno, i Carabinieri hanno riscontrato maggiori difficoltà nell’individuazione delle illecite piantagioni: di fatto, dopo i 23 rinvenimenti di coltivazioni di marijuana  dello scorso anno, i “coltivatori” hanno posto in essere maggiori cautele, suddividendo ulteriormente le piazzole in luoghi particolarmente difficili da raggiungere, molte  sulla cima di alcune montagne poste al di sopra di veri e propri strapiombi. Tutte le piantagioni erano dotate di apposito impianto di irrigazione a goccia, progettato, per l’appunto, per rendere quasi del tutto “autonoma” la crescita della pianta di canapa.
In tutto le piante distrutte sono state circa 2200 suddivise, appunto,  in 17 piantagioni autonome, non comunicanti tra loro; le piante avevano un’altezza variabile tra il metro e mezzo e i quattro metri, tutte in perfetto stato vegetativo. Varie, invece, sono state le aree battute e che verranno perlustrate nei prossimi giorni. Non si esclude la presenza di altre coltivazioni “stupefacenti” nelle altre aree impervie del territorio montano. Sono stati inoltre individuati degli essiccatoi artigianali, locali ove si sarebbe compiuta la seconda fase di produzione dello stupefacente, quella, appunto, dell’essiccazione e del successivo deposito per il consequenziale commercio.

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