Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Tiziana Macrì, ha emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti degli imputati coinvolti nell’inchiesta denominata «Purgatorio 3» su una presunta associazione per delinquere finalizzata al traffico di reperti archeologici.
Il reato associativo si fermava al febbraio del 2011, data dell’avvenuto sequestro del sito archeologico a Vibo Valentia fra via Alcide De Gasperi e via Scrimbia, con conseguente decorso del termine di prescrizione.
Fra gli imputati che beneficiano della prescrizione anche Giuseppe Braghò, 72 anni, di Vibo Valentia, studioso dei Bronzi di Riace. Un altro indagato,il boss di Limbadi Pantaleone Mancuso, detto «Vetrinetta», è invece deceduto in carcere nell’ottobre del 2015.
L’operazione era scattata nel luglio 2015 ad opera dei carabinieri del Ros di Catanzaro con il coordinamento della Dda. Cadute le aggravanti mafiose sia dinanzi al gip distrettuale che al Tribunale del Riesame, gli atti erano stati quindi trasferiti per competenza territoriale e funzionale alla Procura di Vibo Valentia che aveva ottenuto il rinvio a giudizio di 9 imputati il 26 febbraio 2019.
Secondo l’accusa, il cunicolo in via De Gasperi a Vibo - in zona sottoposta a vincolo archeologico - nei pressi dell’area dedicata alla ninfa Scrimbia, sarebbe servito per scavi non autorizzati al fine di trafugare e commercializzare numerosi reperti archeologici.
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