Si trova ad Arena, centro del Vibonese, la prima azienda in Calabria, tra le ottanta in tutto il Paese, ad essere stata “promossa” da Invitalia che produrrà 15mila mascherine al giorno. Da impresa per la produzione di letti e sofà di pregio la Alessandro Pagano si riconverte, dunque, a fabbrica di mascherine chirurgiche. Una storia di innovazione che, in tempo di coronavirus, fa emergere una Calabria operosa e capace di affrontare l’emergenza con audacia e valore. Protagonista della vicenda è Alessandro Pagano, il titolare dell’omonima impresa specializzata nella produzione di letti e sofà con store dislocati in Calabria, Sicilia, Lombardia, Lazio e Svizzera, che già nei giorni scorsi aveva tanto fatto parlare di sé per un gesto di grande generosità: per settimane ha prodotto 700 mascherine al giorno, distribuendole gratuitamente ad ospedali, forze dell’ordine, Prefettura, Avis e a tutti i Comuni che ne hanno fatto richiesta. Un gesto di grande solidarietà, ma non l’unico per una azienda che ha deciso di raccogliere l'appello del capo della Protezione civile Angelo Borrelli, il quale di recente ha quantificato la necessità di 90 milioni di mascherine al mese. Ed è così che la Alessandro Pagano di Arena si ritrova adesso ad essere la prima azienda in Calabria, tra le ottanta in tutta Italia, vagliata da Invitalia, soggetto attuatore delle misure contenute nel Decreto legge “Cura Italia”, per la produzione di mascherine chirurgiche. "Il coronavirus ha avuto un impatto pesantissimo sull’economia e sulle nostre vite, l’adattamento della nostra attività è essenziale per la salvaguardia occupazionale e per cercare di dare un piccolo ma importante spiraglio di luce in un momento drammatico come quello attuale, considerato che nell’immediato si presumono nuove assunzioni. Infatti - spiega il titolare Alessandro Pagano - la riconversione produttiva dell’azienda prevede la produzione di 15.000 mascherine chirurgiche al giorno. L’adattamento della nostra attività scaturisce da un lato dalla necessità di garantire la continuità aziendale e, dall’altro, dalla volontà di dare un piccolo contributo per attutire i pesanti colpi di una pandemia che ha imposto dei cambiamenti al nostro modo di vivere e di lavorare».