La morte arriva spesso beffarda e improvvisa. Non si lascia annunciare. Si apposta, si insinua traditrice nel calore confortante dell’amata casa, in mezzo agli orti odoranti di primavera e tra le pieghe, ora leggiadre e ora faticose, della vita di ogni giorno. E poi con un balzo felino, rapisce, uccide e se ne va superba e maligna per la sua strada, come se nulla fosse accaduto, in cerca di nuovi scenari e di nuove prede. Succede così dall’inizio del tempo. Un respiro affannoso, una folata di vento e tutto finisce in pochi istanti. Intorno, resta solo un corpo immobile, la desolazione dell’addio - che quanti hanno fede sperano non sia perenne - e l’aria irrespirabile e cupa di un dolore inconsolabile che avvolge familiari e amici e nel caso di morti giovani di intere comunità. Come è accaduto ieri pomeriggio a Stefanaconi - il paese del pane e della solidarietà - dove è volato in cielo un bambino di 11 anni e a Paravati di Mileto - il luogo dove è nata e vissuta la Serva di Dio Natuzza Evolo - che nel giro di pochi giorni ha visto spegnersi due vite nel fiore degli anni. Due tragedie immani, diverse nella circostanze, ma accumunate dall’identico sentimento di profonda ingiustizia. A Paravati di Mileto - con le sue vie oggi ammutolite - lo smarrimento della gente in queste ore si tocca con mano. La via della Fede in questi casi non resta che l’unica sorgente in cui trovare ristoro. Da qui gli appelli accorati al Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime, “dispensatrice di grazie” e “consolatrice degli afflitti”, affinchè i “genitori del giovane morto” a causa di una cardiopatia “trovino in Dio la forza di andare avanti” e perché “al buio di queste ore terribili subentri la luce della letizia”. Frasi che si rincorrono sotto il cielo grigio di una comunità profondamente ferita nel cuore e nell’anima.