«Il direttivo della Camera Penale di Vibo Valentia esprime forte preoccupazione sulle notizie circa la possibilità che il processo Rinascita Scott non si celebri nella città di Vibo Valentia e che, anzi, possa essere addirittura spostato fuori dalla regione». E’ quanto rende noto lo stesso organismo che, nella seduta di oggi, ha deliberato lo stato di agitazione ed ha indetto un’assemblea degli iscritti nel corso della quale saranno prese decisioni sulle iniziative da assumere. «Gravi sono le notizie - riporta un comunicato della Camera Penale - che vengono diffuse a mezzo stampa, circa il fatto che nonostante i vertici degli uffici giudiziari catanzaresi abbiano chiesto l’intervento del Ministero già dal mese di marzo 2019, il Ministero non abbia, ad oggi, fornito alcuna risposta. Apprendiamo ora direttamente dalla stampa che l'ipotesi Palamaiata di Vibo Valentia è sfumata, senza aver contezza dei motivi che hanno di fatto portato a questa rinuncia, se di rinuncia si può parlare. Atteso il fatto che vi sono fonti che propendono per ritenere ancora aperta la possibilità di una sistemazione del Palamaiata; struttura che avrebbe i requisiti di sicurezza richiesti e che potrebbe essere approntata con alcuni accorgimenti tecnici che richiederebbero investimento di somme non ingenti». «Tali circostanze - è detto ancora nel comunicato - sarebbero state anche verificate dai tecnici del Ministero a seguito del sopralluogo sulla struttura vibonese con un 'parere favorevole' per il Palamaiata. Non si riesce a capire, a questo punto, il silenzio del Ministero nonostante lo stesso sia stato informato in tempo dai vertici degli uffici giudiziari. Le ripercussioni negative che l’allontanamento del processo da Vibo Valentia e dalla Calabria provoca sono innumerevoli e consistono in grossi disagi sia per gli indagati/imputati che per i loro difensori: disagi di natura logistica/economica che si traducono in forti limitazioni dei diritto di difesa degli indagati/imputati che vedrebbero così fortemente compromesso il diritto ad avere un 'giusto processo'».