Il suono della campanella per le scuole italiane è fissato per il prossimo 14 settembre ma mai come quest'anno la data è incerta. Da qualche giorno, infatti, si è acceso un dibattito pieno di preoccupazioni che stenta a placarsi. Il Governo, con la ministra Lucia Azzolina, si sta interfacciando direttamente con gli enti locali, Comuni e Province, ma in sostanza i fondi per la ristrutturazione e l'arredo in molte scuole non sono ancora arrivati. Da qui le difficoltà maggiori dei presidi su cui pure ricadono molte responsabilità. Il Covid-19 ha letteralmente rivoluzionato ogni cosa mettendo allo scoperto anche i limiti e le carenze del sistema scolastico. Gli studenti hanno concluso l'anno con la didattica a distanza e non è sicuro comincino quello nuovo in “presenza”. Il problema è sull'aspetto edilizio: l'Azzolina vuole riaprire al più presto la scuola ma non ha messo in conto tutti i lavori di riorganizzazione delle aule; in quasi tutti gli istituti si dovranno abbattere pareti per garantire la sicurezza in termini di distanziamento sociale, poi c'è l'organico da rafforzare ma l'attenzione della ministra sembra ricadere di più su innovazione e banchi con le rotelle. «La nostra preoccupazione aumenta col passare dei giorni - dice Teresa Bevilacqua dirigente dell'Ic “Perri-Pitagora” di Lamezia - Abbiamo chiesto gli interventi strutturali necessari al Comune, l'aumento degli organici all'Usr ed i banchi al ministero dell'Istruzione. Non abbiamo avuto ancora nessuna risposta né sugli interventi né sui tempi. Ci sentiamo impotenti perché nonostante il nostro impegno, tutto dipende dalle risposte dell'amministrazione scolastica e del Comune. In questa situazione di incertezza non riusciamo neanche a formare le classi per il prossimo anno».