C'è una vittima e un reo confesso nella morte di Loredana Scalone, la donna brutalmente accoltellata a Stalettì dall'uomo con cui aveva una relazione sentimentale. Manca però ancora un movente e la definizione dell'arma del delitto. La versione fornita da Sergio Giana, 36enne di Badolato, presenta ancora troppi punti oscuri che gli inquirenti confidano di chiarire in modo definitivo attraverso l'esame autoptico. L'incarico di eseguirlo sarà affidato lunedì e si svolgerà alla presenza di un consulente di parte che la famiglia della vittima, attraverso il proprio legale, conferma di voler nominare. Un test chiave quello dell'esame post mortem che potrebbe confermare o sconfessare la versione dei fatti fornita all'interno di un lungo interrogatorio da parte dell'uomo che al momento è l'unico indagato per l'omicidio e che ha ammesso di aver ucciso Loredana, ma di non averlo premeditato, reagendo a una supposta aggressione tutta da verificare. La tesi di una legittima difesa sembra infatti non appoggiarsi a dei segni fisici sull'uomo che ha sostenuto di aver impugnato un coltello che, sempre nella sua versione, sarebbe stata la vittima ad aver estratto per prima. Se l'arma sia o meno quella rinvenuta sul luogo del delitto, è un'ulteriore elemento da accertare all'interno di rilievi resi più difficili dalle operazioni di pulizia che Giana ha in prima persona realizzato, tornando nel luogo in cui si è consumato il delitto diverse ore dopo l'uccisione di quella che era stata per un periodo la sua convivente. L'edizione integrale dell'articolo è disponibile sull'edizione cartacea della Gazzetta del Sud - edizione di Catanzaro.