È stato assolto «perché il fatto non sussiste», ma la Dda di Catanzaro ha proposto appello contro la sentenza che in primo grado ha smontato le accuse contestate all’avvocato Antonio Larussa. Il penalista era imputato per favoreggiamento della latitanza di Daniele Scalise, elemento di spicco dell’omonima cosca, procurata inosservanza della pena e violenza privata ai danni dell’avvocato Francesco Pagliuso, ucciso nel giardino di casa sua la notte del 9 agosto 2016. Il Tribunale ha ritenuto che il fatto che Larussa ricevesse il latitante nel suo studio fosse da inquadrarsi nell’attività professionale e non costituisse un’agevolazione affinché Scalise eludesse le indagini e si sottraesse alla cattura. Una valutazione che non convince il pm Pasquale Mandolfino che, nell’appello, rileva come sia emerso che in uno dei «plurimi incontri» tra Larussa e Scalise ci fosse anche Pagliuso che si mostrò «irritato e infastidito per la presenza inaspettata del latitante» e per aver preso atto «dell'ingresso nell'attività defensionale del Larussa e dell'indisponibilità dello Scalise di costituirsi», abbandonando contrariato lo studio del collega. Questi incontri sarebbero da leggere «alla luce dell'opera denigratoria» che Larussa avrebbe messo in atto verso il collega ed erano secondo il pm «finalizzati ad introdursi nella difesa dello Scalise».
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