«Il dato importante e significativo di questa indagine, un dato che ci conforta, è il fatto che molti commercianti, molti imprenditori si sono fidati dei carabinieri e si sono fidati della Procura distrettuale di Catanzaro, perché questa indagine nasce dalle denunce fatte da gente usurata». Così il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha commentato l’operazione "Big Bang", condotta dai Carabinieri, che ha portato all’esecuzione di tredici misure cautelari a carico di presunti esponenti della cosca di 'ndrangheta Mannolo-Scerbo, attiva sulla fascia ionica a cavallo delle province di Catanzaro e Crotone.
«Ci troviamo in territori dove - ha spiegato Gratteri - la gente nega persino l’esistenza della mafia per paura, ma in questo caso invece ci sono state più denunce. Queste sono indagini che danno risposte immediate a un territorio, alla gente, al quotidiano: non è un’indagine dei massimi sistemi ma è un’indagine che ha un impatto sui territori dove questa famiglia mafiosa degli Scerbo e dei Mannolo hanno esercitato fino a questa mattina il potere. Per noi dunque - ha proseguito il procuratore capo della Dda di Catanzaro - è un momento importante per quel territorio perché tutto ciò che accade sul piano giudiziario si ripercuote sul livello di vivibilità di un territorio, e riteniamo che, con questa indagine, in questa fetta di territorio cerniera tra Catanzaro e la provincia di Crotone questa mattina - ha concluso Gratteri - i cittadini abbiamo fatto un grande sospiro di sollievo, incominciano a sentirsi più liberi».
Usura ed estorsioni a tappeto, una sistematica imposizione del «pizzo» che in un caso durava addirittura dal 1976, una pressione criminale che soffocava commercianti, baristi, ristoratori e imprenditori di qualsiasi branca, da quella edile a quella florovivaistica a quella di distribuzione alimentare. È questo lo "spaccato" che l’operazione "Big Bang", condotta dai carabinieri con il coordinamento della Dda di Catanzaro, ha svelato con l’esecuzione a 13 ordinanze cautelari a carico di altrettanti esponenti della cosca Mannolo-Scerbo, appartenente alla «locale» di 'ndrangheta di Cutro e di San Leonardo di Cutro e attiva sulla fascia ionica a cavallo tra Crotone e Catanzaro. «Un territorio cerniera, per noi importante e delicato, perché storicamente la 'ndrangheta della provincia di Crotone ha sempre considerato Catanzaro e l’hinterland catanzarese come terra di conquista e di espansione», ha spiegato il procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa sull'esito dell’operazione, alla quale hanno partecipato anche il procuratore aggiunto della Dda Vincenzo Capomolla, il comandante provinciale dei carabinieri di Catanzaro, colonnello Antonio Montanaro, e il comandante della compagnia dei Carabinieri di Sellia Marina, capitano Alberico De Francesco. L’operazione odierna, per Gratteri, riveste una particolare importanza grazie al dato della collaborazione di alcune vittime dell’usura e dell’estorsione dei Mannolo-Scerbo, dalle cui denunce è arrivato un impulso decisivo alle indagini, partite dal ritrovamento, nel novembre del 2018, di due taniche di benzina davanti due esercizi commerciali di Sellia Marina dal chiaro tenore dell’intimidazione 'ndranghetista.
Anche il procuratore aggiunto Capomolla ha sottolineato lo spessore di un’inchiesta che «evidenzia l’operatività e la capacità di penetrazione di una cosca che, attraverso le estorsione e l’usura, determinava lo sconquasso, il terremoto nella vita delle famiglie del territorio sotto controllo». Una consorteria pericolosa e agguerrita, quella degli Scerbo-Mannolo, che tra l’altro - ha aggiunto Capomolla - aveva stretti collegamenti con altri clan del Catanzarese, in particolare del Soveratese e delle Serre Vibonese, legami che - ha rimarcato Capomolla - «cementavano le relazioni tra le cosche e fornivano loro forza reciproca».
Per gli Scerbo-Mannello, comunque, l’epicentro degli affari era in questa zona della fascia ionica «cuscinetto» tra Catanzaro e Crotone, nella quale, ha affermato ancora Capomolla, - «soprattutto l’usura è molto praticata ed era controllata dalla cosca grazie alla sua forza di intimidazione», con tassi di interesse che si aggiravano fino al 150-160%.
I Carabinieri hanno ricostruito numerosi episodi estorsivi e usurari ai danni di imprenditori e commercianti, riscontrando anche situazioni limite, come quella di uno stesso soggetto contemporaneamente sotto «strozzo» di cinque diverse persone. O, ha rivelato ancora il capitano De Francesco, come quella di un imprenditore edile la cui famiglia era sotto estorsione addirittura dal 1976, cioè da 46 anni. «Ciò testimonia l’estrema forza di queste cosche», ha detto il capitano De Francesco. Una pressione quindi lunga e costante nel tempo, e sempre soffocante, ma stavolta, hanno spiegato gli investitori, «sono stati in tanti a non essersi piegati, trovando la forza di denunciare i taglieggianti e le intimidazioni».
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