Una «cosca fortemente cosca» – definiva i Mancuso l’allora pm distrettuale Marisa Manzini – e tale sarebbe rimasta negli anni. Granitica nonostante attriti e malcontenti, perché al momento opportuno gli angoli sono sempre stati smussati, anche se il boss Pantaleone Mancuso (alias Vetrinetta, deceduto) colloquiando con la sorella Romana all’epoca della spartizione di Nicotera tra i cugini Scarpuni e l’Ingegnere commentava: «Ora tutti i lordazzi si sono uniti» Anche il primo pentito della cosca di Limbadi, Emanuele Mancuso, ieri nel corso del maxi-processo Scott Rinascita, rispondendo alle domande del pm distrettuale Annamaria Frustaci, ha posto in risalto la capacità della “famiglia” di serrare i ranghi anche di fronte a situazioni a dir poco allarmanti per gli equilibri interni e quelli criminali. Basti pensare al tentato omicidio di Francesco Mancuso (alias Tabacco) – in quell’occasione venne ucciso il suo luogotenente Raffaele Fiamingo – decretato proprio in seno a un ramo della famiglia o al duplice tentato omicidio di Romana Mancuso (zia del padre del collaboratore e sorella di Luigi, il Supremo) e del figlio Giovanni Rizzo, che chiamò in causa proprio il fratello di Emanuele Mancuso e il loro padre Pantaleone (detto l’Ingegnere). Vicende tutte «appaciate» come ha avuto modo di riferire il pentito ai magistrati della Dda, come “appaciato” fu un altro gravissimo episodio, ovvero il tentato omicidio di Pantaleone Mancuso (alias Scarpuni). Agguato che avrebbero dovuto compiere i Piscopisani alleati con Salvatore Cuturello (genero del boss Peppe Mancuso, alias Peppe ’Mbrogghia, fratello dell’Ingegnere) e Antonio Campisi, figlio di Domenico ucciso in un’imboscata. «Una notizia destabilizzante per l’intera famiglia», ha evidenziato ieri Emanuele Mancuso il quale, assistito dall’avv. Antonia Nicolini, era collegato in video conferenza con l’aula bunker di Lamezia Terme. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro