Non solo le truffe sulle accise ma anche le coperture attraverso il mondo politico. I riflettori dell’inchiesta della Dda puntano a fare luce su due imprenditori fino ad oggi solo sfiorati dalle grandi inchieste e sui quali ora si abbatte un vero e proprio ciclone giudiziario che travolge le loro aziende, sia quelle operanti nel settore degli idrocarburi che quelle nell’ambito dell’edilizia. I fratelli Antonio e Giuseppe D’Amico, entrambi di Piscopio, rappresentavano per i Mancuso gli uomini di riferimento in alcuni settori specifici capaci di penetrare e fare da collegamento tra rappresentanti istituzionali e della politica e indirettamente con le organizzazioni criminali. Era tanto e tale il loro prestigio imprenditoriale sul territorio vibonese che nessuno avrebbe mai immaginato che alle loro spalle si celassero gli interessi della potente ’ndrangheta di Limbadi. Dal provvedimento di fermo della Dda di Catanzaro, infatti, emerge che i fratelli D’Amico interloquendo con svariati esponenti delle cosche facevano spesso riferimento alle proprie entrature nel mondo politico e istituzionale. E ciò accadeva negli incontri con Pasquale Gallone, Silvana Mancuso e Francesco Fiarè. In tali circostanze i D’Amico parlavano del presidente della Provincia, Salvatore Solano, attuale sindaco di Stefanaconi. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria