É il vaccino a fare la differenza. Un vaccino a cui si legano le speranze e le paure dei più. Basta scorgere negli sguardi delle persone in fila, per capirlo. Dopo un anno vissuto tra le mura di casa, non si fa neanche caso al fatto che assembrandosi davanti al palazzetto dello sport, il rischio è di vanificare tutti i sacrifici. Ma l’obiettivo è lì, a portata di mano. Una porta che separa da quella dose che per tanti significa un ritorno alla normalità. Soprattutto per gli anziani, quelli che ti raccontano quanto sia stata brutta la solitudine. C’è qualcuno che si è portato la sedia da casa perché «in piedi, figlia mia, non riesco proprio a stare», qualche altro che si poggia al bastone con lo sguardo commosso verso la “meta”. Poi, c’è chi è lì solo per capire cosa fare, perché «quella maledetta piattaforma non mi fa registrare». Sono queste le voci, che si perdono nel frastuono di un parcheggio divenuto porta d’ingresso per la salvezza. Ci sono loro e, poi, ci sono gli altri. Quelli dentro il palazzetto che provano a dialogare con la gente, a trovare soluzioni, a rassicurare. Poi, c’è la burocrazia, quella che non vede, non sente ma parla. Perché non ha colpe l’Asp se le scorte di Pfizer sono poche. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro