Spiaggiato un delfino della specie “Stenella coeruleoalba” con evidenti morsi di squalo. Il cetaceo è stato rinvenuto a Pizzo, nel Vibonese, in località Sanguedolce, nei pressi della Stazione.
A dare notizia del macabro rinvenimento è il naturalista Pino Paolillo, intervenuto sul posto. "Si tratta - spiega - del cetaceo più diffuso nelle nostre acque, e non è purtroppo la prima volta che Stenelle e altre specie vengono spinte dalla corrente sui lidi del vibonese". Tuttavia ciò che ha suscitato stupore, attirando l’attenzione dei ricercatori del settore, sono le vistose ferite rinvenute sul suo corpo. Perché il giovane esemplare, lungo circa 120 cm, è stato sicuramente morso da uno squalo.
"Difficile stabilire se la morte del cetaceo sia stata una conseguenza diretta dell’attacco del predatore (si potrebbe pensare per esempio al veloce Mako, in grado di assalire anche i pesci spada) o se invece i morsi siano stati provocati a decesso già avvenuto per cause antropiche, come la cattura in una rete, e la morte per annegamento. Trattandosi di mammiferi, la respirazione dei cetacei è polmonare e, nonostante siano capaci di lunghe apnee, hanno bisogno di tornare regolarmente in superficie per poter respirare"
Tra gli altri “indiziati”, secondo gli esperti "ci potrebbe essere una verdesca e lo stesso squalo capopiatto, o notidano che frequenta acque più profonde, ma che nottetempo può spingersi in superficie per nutrirsi anche di carcasse, come in questo caso". Questo ulteriore rinvenimento accende così il riflettore "sul problema della tutela della fauna marina dalle attività umane in mare, come quello noto come bycatch, cioè delle catture accidentali dovute alla pesca. Nonostante i divieti imposti ormai da anni - evidenzia Paolillo - purtroppo continuano ad operare nei nostri mari, anche se in misura nettamente minore rispetto al passato, dei sistemi di pesca illegali, come ad esempio le spadare che negli anni hanno provocato migliaia di vittime tra cetacei di ogni dimensione, a cominciare dalle grandi balenottere e capodogli, fino alle piccole stenelle. La situazione continua ad essere estremamente critica per i grossi squali, dal calunniato squalo bianco, alle verdesche, al mako, e anche per l’altro gruppo di pesci cartilaginei che comprende le razze, le mante e le torpedini. Si tratta di animali dalla biologia particolare, caratterizzata da un debole potenziale riproduttivo dovuto ad una tardiva maturità sessuale e una bassa fecondità, il che rende le popolazioni estremamente sensibili alle perturbazioni causate dall’uomo, come le catture accidentali o l’inquinamento che porta alcuni contaminanti a concentrarsi, lungo la catena alimentare, fino ad alterare la fisiologia e la salute degli individui".
Inoltre, Paolillo precisa: "Almeno un quarto degli squali nel mondo è a rischio di estinzione e alcune specie si sono ridotte di oltre il 90%, per cui è indispensabile adottare provvedimenti a ogni livello per salvare queste importantissime componenti dell’ecosistema marino i cui antenati popolavano gli oceani già centinaia di milioni di anni fa. A cominciare dalla sensibilizzazione dei pescatori, invitandoli a rilasciare subito in mare gli squali catturati per caso, dimenticando le invenzioni cinematografiche alla Steven Spielberg".
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