«Nicholas Sia era preso in giro, vessato, derubato; come conseguenza si isolava, negli ultimi tempi aveva paura di uscire». È quanto si legge nelle motivazioni della terza sentenza della Corte d’Assise d’Appello sull’omicidio del 18enne Marco Gentile, ucciso con 12 coltellate il 24 ottobre del 2015. I giudici il 22 aprile scorso lo hanno condannato a 15 anni di reclusione. Il 9 ottobre scorso la Cassazione aveva annullato con rinvio la precedente sentenza dei giudici catanzaresi che avevano ridotto la pena per l’imputato a 12 anni di carcere riconoscendo l'attenuante della provocazione e ritenendola prevalente sulla contestata aggravante.
Ora i giudici catanzaresi hanno riconosciuto l'attenuante della provocazione, valutata equivalente alla contestata aggravante della premeditazione: «In considerazione della assoluta gravità del delitto, dell'elevato grado del dolo, avendo l'imputato premeditato l'omicidio, attinto la vittima con ben dodici coltellate e non avendo desistito dall'azione nemmeno a fronte dell'intervento di due amici e per il fatto che inizialmente ha tentato anche di sottrarsi al giudizio». La Corte ritiene comunque sussistente il nesso di causalità tra «l'azione di Sia e l'atteggiamento certamente provocatorio di Gentile».
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