Al centro della vicenda, una delle tante riportate nelle carte dell’inchiesta “Alibante”, c’è un capannone, finito all'asta a seguito di un fallimento, su cui si sarebbero concentrate le mire di un imprenditore che «per tale ragione si rivolgeva a Carmelo Bagalà affinché questi, come in effetti avveniva, si prodigasse nel garantirgli l'aggiudicazione». Tra i 43 indagati c’è anche l’imprenditore che si rivolge al presunto boss di Nocera e Falerna: si tratta di Peppino Calidonna, che assieme al curatore fallimentare, Paolo Cosentino, secondo la Dda avrebbe turbato il regolare svolgimento dell’asta relativa alla vendita del capannone industriale, che si trova a Falerna Marina, è grande 2.334 mq (con un piazzale asfaltato di 6.000 mq) e ha un valore commerciale di 2,5 milioni di euro. Bagalà, si legge nel capo di imputazione formulato dal pool di magistrati guidato da Nicola Gratteri, dopo «essersi coordinato con Calidonna», avrebbe contattato il titolare della società fallita «riservandosi di intervenire presso altri aspiranti acquirenti del napoletano per farli desistere (il riferimento è ad alcuni imprenditori campani che avevano manifestato interesse per il capannone, ndr)».
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia