Arriva il timbro definitivo della Cassazione sulla confisca di beni mobili e immobili, per un valore di 6,2 milioni di euro, a carico di Giuseppe Pallone, il 55enne di Cutro ma domiciliato a Parma condannato nel processo “Aemilia” a 5 anni e 10 mesi di reclusione con sentenza passata in giudicato. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da Pallone e dai suoi familiari, contro il decreto della Corte d’Appello di Bologna che, il 15 maggio 2020, confermò sia la misura della sorveglianza speciale per 5 anni nei confronti del 55enne emessa dal Tribunale felsineo il 21 maggio 2019, sia i sigilli disposti su 187 immobili, tra fabbricati e terreni dislocati in Emilia Romagna, Puglia e Calabria, 5 società, un’impresa individuale, diversi beni mobili e rapporti bancari. Il provvedimento restrittivo, personale e reale, si basava sulla contiguità di Pallone alla cosca cutrese dei Grande Aracri, in seguito al suo coinvolgimento nel cosiddetto “affare Sorbolo”. Ovvero, un progetto di lottizzazione avviato nel 2007 consistente nella realizzazione di numerosi complessi immobiliari per un valore di circa 20 milioni di euro, a Sorbolo, piccolo comune del Parmense, che venne gestito dalla costola emiliana della “locale” di Cutro. L'articolo integrale potete leggerlo nell'edizione cartacea – Calabria