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Operazione "Scheffield", imprenditori "proprietari" dei lavoratori a Lamezia

Dall’inchiesta emerge un quadro desolante sull’occupazione "soprattutto femminile"

A prescindere dagli sviluppi giudiziari che eventualmente ne seguiranno, sono parecchio amare le valutazioni che il Gip Emma Sonni mette nero su bianco nel vagliare l’impianto accusatorio messo in piedi dalla Procura di Lamezia nell’operazione “Sheffield”. Al centro dell’inchiesta, com’è noto, c’è il gruppo imprenditoriale degli Argento, attivo nel settore dei trasporti, nei cui confronti sono state disposte sei misure interdittive, un sequestro da 3,5 milioni di euro e l’amministrazione giudiziaria di due società.

«Sussiste – scrive il giudice per le indagini preliminari commentando l’episodio dell’adesione a un sindacato avvenuta all’insaputa degli stessi lavoratori – l’approfittamento dello stato di bisogno, in cui i dipendenti versavano in quel dato momento, da intendersi quale situazione fattuale che limita la volontà del lavoratore e lo induce ad accettare lo svolgimento di una prestazione lavorativa in condizioni di sfruttamento».

Il pm rileva come sia evidente «l’assenza di una reale e accettabile alternativa esistenziale» e aggiunge che «la valorizzazione del dato di contesto ambientale, notoriamente caratterizzato da un’endemica e diffusa sotto occupazione, non comporta una inammissibile presunzione di “stato di bisogno” in cui versano le lavoratrici».

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