Prima le pene detentive definitive; adesso il riconoscimento del danno erariale. La sezione giurisdizionale della Corte dei conti dell’Emilia Romagna ha condannato 3 imputati del processo “Aemilia” con rito abbreviato – l’ispettore della Squadra mobile di Catanzaro, Antonio Cianflone, l’assistente capo della Questura di Reggio Emilia, Domenico Mesiano, e il dirigente dei lavori pubblici del Comune di Finale Emilia, Giulio Gerrini – a pagare 100 mila euro ciascuno per aver infangato l'immagine delle pubbliche amministrazioni di appartenenza, ministero dell’Interno e Municipio, in seguito al loro coinvolgimento nell’inchiesta che nel 2015 svelò le ingerenze della cosca Grande Aracri di Cutro in Emilia.
Nello specifico, Cianflone e Mesiano, con la Cassazione che ha confermato la pena di 8 anni e 6 mesi di carcere a testa per concorso esterno in associazione mafiosa, dovranno corrispondere complessivamente 200 mila euro al Viminale. Mentre Gerrini, per il quale sono diventati irrevocabili i 2 anni e 4 mesi di reclusione per abuso d’ufficio, sarà chiamato a versare 100 mila euro all'ente di Finale Emilia.
Cianflone, scrive il collegio giudicante presieduto da Tommaso Maiello, ha garantito un «evidente e sistematico contributo informativo» alla filiale emiliana del clan cutrese guidato dal boss Nicolino Grande Aracri (che secondo la Dda di Catanzaro avrebbe finto di pentirsi), così da averne favorito «l’esistenza e la crescita».
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