Dall’estorsione mafiosa alla redazione di falso testamento. La Cassazione ha confermato il quadro accusatorio che grava su Giuseppe Bagnato, il 34enne figlio del boss di Roccabernarda, Antonio Santo Bagnato, finito in manette il 5 dicembre 2020 nell’ambito dell’inchiesta “Capitastrum” della Dda di Catanzaro, che ha smantellato il «sistema perverso» messo in piedi dalla cosca Bagnato per accaparrarsi i terreni nel piccolo centro dell’entroterra crotonese ricorrendo a minacce e danneggiamenti nei confronti dei proprietari. Per la Suprema Corte è infatti inammissibile il ricorso presentato dall’indagato (condannato a 12 anni e 6 mesi di reclusione nel processo di primo grado scaturito dall’operazione “Trigarium”), che chiedeva l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Tribunale della libertà di Catanzaro, lo scorso 22 dicembre, aveva confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di Bagnato. Gli ermellini hanno quindi accolto la ricostruzione dei fatti del Riesame. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria