«Se il mio avvocato di fiducia si chiama Grande Aracri non è colpa mia». È passata circa un’ora e mezza da quando il 51enne cardiologo di Cutro, Alfonso Sestito, carte e trascrizioni delle intercettazioni telefoniche alla mano, davanti al Tribunale di Crotone ha iniziato la sua difesa a spada tratta dalle contestazioni che gli muove la Dda di Catanzaro che lo accusa di essere stato il terminale economico della cosca cutrese dei Grande Aracri, attraverso una serie di operazioni immobiliari lungo i villaggi della costa ionica. Il dirigente medico del policlinico “Gemelli” di Roma, sospeso dal servizio dopo essere finito in manette il 15 gennaio 2020 per associazione mafiosa ed estorsione nell’ambito dell’inchiesta “Thomas”, ha ripercorso l’episodio che si verificò a Reggio Emilia - dove ha uno studio medico, oggi sotto sequestro - in occasione dei lavori di installazione di 2 condizionatori che avrebbe dovuto eseguire un idraulico. «Cioè, ho centomila cose da fare, per cui, poi, mi comporto male, hai capito. Cioè dò in mano agli avvocati le cose e, poi, ve la vedete con l’avvocato Grande Aracri, ve lo dico»: è questo il contenuto di una conversazione captata dai finanzieri durante le indagini e dalla quale, secondo gli inquirenti, emergerebbe la minaccia di Sestito all’operaio di rivolgersi all’avvocato Domenico Grande Aracri (il fratello del boss Nicolino), non coinvolto in questo procedimento, in caso di mancata ultimazione degli interventi. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro